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Lo Stato come divinità suprema:ecco perchè i cattolicinon possono votare il prof Monti

Tracciabilità dei pagamenti, tasse contro la famiglia e subalternità dell'Italia all'Europa: l'ex rettore della Bocconi calpesta le libertà fondamentali dell'uomo

Matteo Legnani
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«Non accetterei mai di candidarmi contro Monti», dice il ministro Corrado Passera nella lunga intervista concessa al Corriere in cui, qualche riga dopo, ricorda compunto la sua appartenenza al mondo cattolico. C'è un errore, dico io, nel virgolettato ci sono tre lettere di troppo, quel «contro» va letto «con» e pertanto la risposta giusta per un cattolico è la seguente: «Non accetterei mai di candidarmi con Monti».  Non c'è tempo da perdere, bisogna rintuzzarle in fretta certe orribili, vagamente simoniache pretese di trasformare in voti e potere una devozione tanto ostentata quanto antievangelica (la frase pronunciata da Gesù in Matteo 6,24, «Non potete servire a Dio e a Mammona», forse andrebbe modernamente tradotta così: «Non potete servire a Dio e a Goldman Sachs», con riferimento alla potentissima banca d'affari che il presidente del Consiglio uscente ha servito per ben sei anni, praticamente fino alla presa di Palazzo Chigi. Guarda caso in quel periodo il molto discusso gruppo finanziario venne incriminato per frode verso i propri clienti).  Per ora mi limito a una velocissima disamina dell'Agenda Monti alla luce di Antico e Nuovo Testamento. L'impressione complessiva è quella di un testo profondamente illiberale in cui non c'è alcun posto né per l'uomo né per Dio ma solo per aride e perfino violente considerazioni economiche. «Chi froda il fisco mette le mani nelle tasche dello Stato» è una frase in cui ho sentito immediatamente puzzo di idolatria. Il primo comandamento recita: «Non avrai altro Dio fuori di me» e invece Monti sembra qui voler instaurare uno Stato con la S molto maiuscola, come sarebbe piaciuto a Hobbes (il teorico dello Stato Assoluto) e a Hegel (il filosofo dello Stato Etico che ha spianato la porta ai totalitarismi del Novecento).  Ci sarebbe voluto Don Sturzo, lui sì vero cattolico e vero liberale, che «stato» lo scriveva con la S minuscola per mostrare anche graficamente che va considerato un mezzo, al servizio dei cittadini, e non un fine, al servizio di sé stesso. Per realizzare il terrificante obiettivo di trasformare l'apparato statale in idolo indiscutibile e divinità suprema, l'ex rettore della Bocconi non teme di calpestare libertà fondamentali introducendosi nella vita intima delle persone. Basti leggere certe frasi che sembrano copiaincollate da vecchi documenti della Stasi, la famigerata organizzazione spionistica della Germania Est: «Introdurre meccanismi di tracciabilità dei pagamenti»; «Va rivista la riduzione dei termini di prescrizione»...  Sarà che nella stesura si è fatto aiutare da Pietro Ichino, senatore ex-Pd, ma ci sono passaggi per nulla moderati, per nulla di centro, anzi parecchio vendoliani, ad esempio quando dopo aver negato le prerogative di Dio, attacca (ovviamente, essendo un collotorto ipocrita, senza dirlo) l'istituzione Famiglia: «Le quote rosa sono una misura necessaria ma da sola non sufficiente. La parità effettiva ha bisogno di convincenti politiche per la non discriminazione. Ampliamento del congedo di paternità».  Sotto queste frasi apparentemente neutre, innocue, si nasconde la velenosa ideologia del gender, la brama di cancellare il disegno di Dio inciso nei nostri corpi e nella Genesi: «Maschio e femmina li creò». Poche settimane fa Benedetto XVI ha usato dure parole contro l'intenzione faustiana se non diabolica di aggredire per via legale una differenza naturale: «L'uomo nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela». Forse Monti questo discorso non l'ha sentito perché alle messe papali è sempre in prima fila però molto impegnato a rispondere al telefonino. Ma è ovvio che un euroentusiasta quale il due volte commissario Ue infranga con particolare piacere il quinto comandamento, «Onora tuo padre e tua madre», che impone di rispettare la propria tradizione e quindi la propria nazione, che tanto sangue e tanto sudore ai nostri avi è costata.  Eccoci quindi frasi biforcute riguardanti il «superamento dei pregiudizi nazionalistici» e la perdita della sovranità: «Dobbiamo sempre più abituarci al fatto che le nostre scelte di politica economica siano valutate con attenzione dagli altri Stati Membri». Il settimo comandamento è violato quando dopo aver correttamente definito l'Italia «Paese contributore netto al bilancio europeo» non si propone di porre fine allo scandalo di tasse che rappresentano denaro sottratto ai nostri poveri (e al nostro ormai semipovero ceto medio) per mantenere le ricche elite sovranazionali di cui l'estensore dell'Agenda, Robin Hood al contrario, fa sontuosamente parte da decenni.  Potrei andare avanti a lungo ma sarebbe pletorico, ormai è chiaro: parafrasando Benedetto Croce, noi cristiani proprio non possiamo dirci montiani. di Camillo Langone

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