Belpietro: art 18, di epocale c'è la presa in giro
Licenziare i fannulloni sarà impossibile come prima perché a decidere sarà una toga. Assumere sarà più costoso e complicato
Qualche giorno fa, durante una puntata di Porta a porta, mi sono permesso di avanzare qualche dubbio sulla riforma del mercato del lavoro, sostenendo che nonostante la grancassa dei giornali, probabilmente tutto sarebbe rimasto uguale. Non l'avessi mai detto. Da destra e sinistra, colleghi compresi, mi hanno rimbeccato dicendo che con la nuova legge cambierà tutto, in particolare l'articolo 18, quello che impedisce di licenziare i fannulloni. Dalle notizie che trapelano - mi è stato risposto - si capisce che le norme escluderanno il reintegro, consentendo dunque alle aziende di liberarsi di chi non lavora. Un fatto epocale, è stata la conclusione. Di darmi ragione si è però incaricata la realtà, che spesso è assai diversa da quella raccontata in tv. In due giorni si è infatti capito che la riforma salverà capra e cavoli: la faccia del governo e della ministra Fornero, ma anche la sostanza tanto cara alla Cgil e Susanna Camusso. In pratica, licenziare gli scansafatiche rimarrà un'impresa. Per capirlo basta leggersi i resoconti dei principali quotidiani. In assenza di un testo definitivo è ad essi che bisogna rifarsi e per quanto frutto di indiscrezioni si intuisce che la trattativa fra esecutivo e sindacati ha preso una brutta piega. Tanto per cominciare, se l'obiettivo era quello di dare alle aziende delle regole chiare, possiamo tranquillamente dire che è stato fallito. Le imprese non sapranno se cacciando un dipendente se ne sono definitivamente liberate, come accade negli altri Paesi. Al contrario dovranno sottoporsi alla solita via crucis. Nel caso di interruzione del rapporto di lavoro per motivi disciplinari a decidere sarà il giudice e anche per quelli economici, superata la fase istruttoria dell'ufficio del lavoro, si potrà ricorrere al tribunale. Di fatto, dunque, nel primo e nel secondo caso previsto dall'articolo 18 saranno i magistrati a decidere se il licenziamento è motivato oppure no. E sempre una toga stabilirà se il lavoratore ha diritto a riavere il proprio posto di lavoro o ad essere pagato. La riforma dicono che si ispiri alla normativa tedesca, ma in Germania non hanno i nostri giudici: lì nel 99 per cento dei casi si decide per il risarcimento, da noi sarebbe il contrario. Cosa cambia, dunque? Nulla. Anche sugli ammortizzatori c'è poi da ridire. Secondo i cantori delle gesta del governo, sarà abolita la precarietà, introdotto l'apprendistato ed estesa la cassa integrazione. In realtà si cancelleranno molti contratti che finora hanno consentito alle piccole e medie aziende di assumere e a tante persone di trovare un posto. Con le nuove regole si rischia che il lavoro diventi ancor più un miraggio, in quanto gli attuali contratti a termine saranno gravati da troppi oneri. Non porta bene neanche la criminalizzazione delle partite Iva, persone che svolgono un'attività senza il vincolo da lavoratori subordinati. Sospettando che qualcuno ne abusi, invece di punire i furbi, il governo mira a proibire il sistema, caricando le partite Iva di una montagna di contributi e tasse, con il risultato che la maggioranza dovrà rinunciare alla propria attività. Il peggio però riguarda le piccole e medie imprese, ossia il comparto che rappresenta il 60 per cento della forza lavoro in Italia. Con la pretesa di estendere a tutti la cassa integrazione, cioè anche a quelli che oggi essendo assunti in aziende con meno di 15 dipendenti ne sono sprovvisti, il ministro Fornero si appresta a scaricare sui bilanci di queste società un peso che le tramortirà, aumentando, come se non fosse abbastanza, il costo del lavoro. Una botta che mette in pericolo la stabilità di molte di queste attività, con un'immaginabile conseguenza: invece di creare lavoro, si rischia di perderlo. Altro che crescita. Se l'obiettivo di Monti e dei suoi collaboratori era quello di rendere meno ingessato il mercato del lavoro, con le nuove norme cambia poco. Se poi invece si intendeva facilitare le assunzioni, c'è la concreta possibilità che si ottenga l'effetto contrario. Insomma, nonostante le lodi preventive dei giornali e dei commentatori, più che una riforma quella che si prepara a me sembra una controriforma. Un modo per cambiare, senza cambiare niente. Nel puro stile dei Gattopardi. di Maurizio Belpietro