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Prese le belve di Romama nessuna è in galera

Sconti a Roma il 15 ottobre 2011

Assalirono città e blindati: 7 ai domiciliari, 6 con obbligo di firma, 22 indagati.

Nicoletta Orlandi Posti
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  Si stringe il cerchio attorno agli Indignati che il 15 ottobre scorso misero a ferro e fuoco la Capitale. Ieri, nel corso di un maxi-blitz in diverse città italiane, la Digos e i carabinieri del Ros hanno preso altri 13 responsabili degli scontri scoppiati durante la manifestazione di Roma. Tra di loro anche le belve che assalirono e incendiarono il blindato dei carabinieri a San Giovanni.  Da Padova a Cosenza, gli inquirenti hanno eseguito 14 perquisizioni a caccia di quelli che per i magistrati hanno messo in atto «un'aggressione violenta e preordinata contro le forze dell'ordine». Sette le persone, anarchici ed esponenti della sinistra antagonista, finite agli arresti domiciliari, tra cui 2 ultras della Roma e 4 di “azione antifascista Teramo” accusati di essere gli autori dell'assalto al blindato, oltre a un giovane di Ancona. Sei i dimostranti per i quali è stato emesso l'obbligo di dimora e 22 gli indagati. Nessuno dei fermati, però, è finito in cella, nonostante le accuse siano pesantissime. Si va dai reati di devastazione e saccheggio alla resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale, fino al tentato omicidio che, secondo il gip Riccardo Amoroso, va contestato ai presunti responsabili del rogo del blindato. Quel pomeriggio furono sei, secondo gli investigatori, ad accerchiare il mezzo e a scatenare l'inferno. I due romani sono gli ultras giallorossi Giacomo Spinelli e Massimiliano Zossolo, di 20 e 28 anni, ripresi durante l'attacco con una trave di legno e un martello. Poi ci sono 4 teramani, tra cui il primo dei non eletti di Rifondazione comunista alle ultime comunali, Davide Rosci, di 30 anni, oltre agli esponenti antifascisti Mauro Gentile, di 37, e i 33enni Cristian Quatraccioni e Marco Moscardelli. Il carabiniere alla guida venne colpito al volto con un bastone e riuscì a mettersi in salvo dalle fiamme. Tutto il gruppo, secondo quanto scrive nell'ordinanza il gip, «risulta inserito nel contesto delle tifoseria violente organizzate già resesi protagoniste in passato di scontri feroci con le forze dell'ordine».  Il giudice scrive che gli arrestati hanno partecipato alla manifestazione «come pretesto e occasione per dare sfogo ai propri sentimenti d'ostilità ed eversione verso le forze di polizia» e che si è trattato di «un'aggressione di eccezionale violenza in cui emerge uno scenario tipico da guerriglia urbana». Un'azione svoltasi «con modalità tale da mettere concretamente in pericolo non solo l'incolumità dell'agente ma anche la sua stessa vita. Un episodio gravissimo che avrebbe potuto aver ben più drammatiche conseguenze se il carabiniere non fosse riuscito a mettersi in salvo fuggendo». Tra gli arrestati anche un esponente dei No Tav già coinvolto negli scontri in Val Susa di luglio.  I black bloc sottoposti ad obbligo di dimora sono militanti della sinistra antagonista. Due di loro appartengono al movimento per il diritto alla casa e frequentano il centro sociale “Acrobax”. Sarebbero inoltre i responsabili del saccheggio al supermercato Elite di via Cavour. Col blitz di ieri sale a 34 il numero dei manifestanti arrestati, 8 già processati e condannati, e a 50 i denunciati.  I magistrati romani, però, non sono per nulla soddisfatti dei provvedimenti adottati finora, giudicati troppo blandi. Si va dal ragazzo che lancia l'estintore, quel Fabrizio Filippi in arte «Er Pelliccia» libero con il solo obbligo di firma, alle misure adottate per i 13 indagati, nessuno dei quali è stato mandato in galera. Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo aveva chiesto il carcere per tutti, ma il gip non l'ha ritenuto necessario. Ora la Procura farà ricorso al Riesame. di Rita Cavallaro  

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