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Cartelli stradali imbrattati? Mai più: ecco il trucco con cui vengono fregati i vandali

Claudia Osmetti
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Il gagliardetto della Samp. O della Roma. O del Como. Del Milan e del Napoli. Lo sticker del pub del quartiere (qualsiasi quartiere, anche di un’altra città: frega niente). Il logo degli Iron Maiden, quello di un negozio di tatuaggi, “Ufo97”, “classe 2008”, e i disegni dei cartoni animati. Manga come se piovesse. Addirittura qualche adesivo “politico”, dallo stemmino degli antifa alla bandiera palestinese corredata dalla scritta “free Gaza”. Il simbolo della metropolitana di Londra. Quello dell’Harley-Davidson, dell’ultima gara di rally, di una marca di pasta, di un ristorante indiano. Un pinguino che fa l’occhiolino e, per i più patriottici, il tondino col tricolore. Adesivi, montagne di adesivi: e incollati tutti lì, sui cartelli stradali, al passo alpino che fanno 1895 metri di quota e a livello del mare, per esempio a Genova. Ecco, a Genova hanno detto basta. La Aster, che è l’azienda che nel capoluogo ligure si occupa di manutenzione, ha deciso di sostituire la segnaletica stradale vandalizzata (perché di questo si tratta, di imbrattamenti belli e buoni, anzi nè belli nè buoni) con dei cartelli di “nuova generazione”. Ricoperti, cioè, da una pellicola speciale, che richiama “orafol” e che, in sostanza, fa “scivolare” via qualsiasi cosa le venga appiccicato sopra. Una semplice, ma in realtà mica tanto, patina “antiaderente”.

“Con noi non attacca”, è il titolo dell’iniziativa genovese presentata in questi giorni che ha una duplice valenza e non solo per il portafoglio. Primo (e più importante), è una questione di sicurezza: perché un cartello stradale deve essere visibile al colpo d’occhio altrimenti la circolazione stradale può subire contraccolpi. Stai lì, cerchi di leggere il nome della via che stai per imboccare perchè hai paura di sbagliare e, quando va bene, dietro dite le macchine in coda si mettono a strombazzare col clacson, quando va male rischi un tamponamento. Secondo perché la spesa, in questo caso, è minima (un cartello in alluminio classico vale circa 35 euro, quello “rivestito” 70), ma il costo dei danneggiamenti è assai più alto: «Siamo intorno al milione di euro ogni anno, calcolando anche gli specchi parabolici e le lanterne semaforiche che spesso sono prese di mira dai vandali», spiega il ceo di Aster Francesca Aleo. Senza contare che, spesso, o meglio quasi ogni volta, la segnaletica rimossa deve essere buttata dato che è a tutti gli effetti inutilizzabile, quando invece, potrebbe durare per anni. Il concetto è elementare però il risultato è tangibile: la pellicola “orafol” fa in modo che la superficie del cartello con cui viene trattata sia estremamente porosa: alcuni sticker neanche restano su, altri possono essere tolti con una pulizia ordinaria, altri ancora cadono da soli nel giro di pochi dì e la vernice spray non aderisce proprio.

 

 

Il problema, che in certi casi è quasi una moda (basta vedere i cartelli di alcune strade di montagna, tappezzati fino all’inverosimile neanche in un rito di passaggio oramai consolidato), non riguarda solo Genova. San Benedetto del Tronto, Padova, Lucca, Cremona, Roma, Milano, Imola, Firenze: non si salvano i piccoli paesi e non stanno tranquille le grandi metropoli. Ragazzate, per lo più. Azioni di protesta, qualche volte. Blitz di tifosi in trasferta, un po’ ovunque. Ma a ogni modo con lo stesso risultato: un danno a un bene pubblico il quale, alla fine, deve essere sostituito (e a pagare sono i soliti noti, i contribuenti con le tasse).

Chi danneggia la segnaletica stradale, la sposta, la rimuove o semplicemente la imbratta, rischia una multa che va da un minimo di 42 a un massimo di 147 euro (lo dice l’articolo 15 del Codice della strada): non è una norma eccessivamente severa, un po’ perché l’importo non è un deterrente significato e un po’ perché, anzitutto, il maleducato di turno andrebbe fermato in flagranza, quantomeno per provare che è stato effettivamente lui ad appiccicare l’ennesimo adesivo su una lastra di alluminio già ricoperta da altre etichette. Non è facile. Eppure il fenomeno persiste ed è persino invadente: sui cartelli turistici impedisce di leggere le destinazioni, su quelli della viabilità sposta l’attenzione di chi è al volante (attenzione che non dovrebbe mai calare), su quelli cittadini è anche una questione di decoro urbano. O di rispetto perle cose altrui (che perché sono pubbliche non significa possano essere deturpate senza ritegno).

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