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Cecilia Sala, la mamma chiede silenzio. Papà Salis invece non perde il vizio di attaccare il governo

Giovanni Sallusti
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La notorietà, specie se ottenuta di riflesso e senza l’innesco del merito, può generare cortocircuiti esistenziali. Roberto Salis è un mediamente distinto signore di mezz’età, che è diventato famoso per essere il padre di Ilaria Salis, a sua volta famosa per essere scampata a un processo per lesioni aggravate e associazione criminale tramite candidatura all’Europarlamento con la Cosa rossoverde di Fratoianni&Bonelli. È fisiologico che il signor Salis non abbia retto e che, da quando ha avuto l’impressione che al mondo esterno interessi improvvisamente il suo parere, si senta e si comporti come un influencer.

Pura commedia umana, genere Vanzina più che Balzac, ma nulla di inedito. Se però l’influencer immaginario entra a gamba tesa nello scenario della tragedia, il velleitarismo marginale diventa inadeguatezza manifesta, talmente manifesta da risultare offensiva. E così Roberto Salis ha deciso di intervenire sul dramma di Cecilia Sala, ha afferrato quello che ormai per lui deve essere un terzo arto, l’Iphone d’ordinanza, e purtroppo come dice un comico di un certo successo non c’era nessun amico a fermarlo. Pronti, via: «La Presidente Giorgia Meloni ha ricevuto, dopo pochi giorni, i familiari di Cecilia Sala, è andata a prendere Chico Forti, un ergastolano, con volo di stato, a me non mi ha mai chiamato. Giusto per sottolineare la bassa statura da statista del nostro Presidente del Consiglio».

 

 

 

Come appare evidente a chiunque dimori nella realtà, e non in una versione alternativa di X tramutata nel proprio flusso di (in)coscienza, la grammatica più che claudicante è il problema minore di questo post. Quello maggiore, chiaramente, è l’idea a monte, se così si può chiamare l’atto di chi è talmente di “bassa statura” da agganciarsi alla sofferenza altrui (che per colmo di fortuna coincide anche con la tendenza social di giornata) per saldare dei propri nebulosi conti personal-politici. Anche nel momento in cui una nazione è giustamente appesa ad ogni sillaba della madre di Cecilia, ci dev’essere un momento di protagonismo residuale per lui, perché lui è protagonista per definizione, un influencer non può smettere di influenzare nemmeno volendo. Anche a costo di tormentare la logica e la geopolitica al punto di sovrapporre due condizioni incommensurabili, l’imputata Ilaria e la sequestrata Cecilia. Qualche inguaribile ottimista prova a farglielo notare: «Tua figlia era accusata di tentato omicidio, salvata dall’elezione in Europa, quindi situazione molto diversa da quella della Sala giornalista indipendente in Iran per un reportage». L’influencer ipotetico lo fulmina così: «Lei è un poveretto che non riesce a comprendere il mondo che la circonda.

Nelle dittature come l’Ungheria o l’Iran si usano accuse pretestuose per finalità politica». L’ha scritto davvero, e ancora una volta purtroppo non c’era nessuno nei paraggi che gli volesse bene al punto di farlo desistere: l’Ungheria come l’Iran. Una democrazia europea, laica e plurale, membro della Ue, come una teocrazia totalitaria. Orban come Khamenei, impiccatore di omosessuali, massacratore di donne non velate e architetto del Terrore mediorientale. Forse, il brianzolo che pulsa ancora dentro l’influencer si rende conto di averla fatta grossa, e prova a correggere il tiro: «I casi di Ilaria Salis e Cecilia Sala sono molto differenti ma li rende simili un importante fattor comune». Ovvero: «Entrambe, al di lá che siano o meno colpevoli per i reati di cui sono accusate, si trovano a subire nei paesi dei rispettivi arresti delle pene spropositate». Un caso da manuale di toppa peggiore del buco: Cecilia non è “arrestata”, è tenuta in ostaggio da una banda di predoni islamisti che la ostenta come merce di scambio.

 

 

 

Non è accusata di alcun “reato” (a meno che l’influencer confuso creda alla “legge islamica”, ovvero all’arbitrio del predone), è colpevole e allo stesso tempo utile in quanto donna occidentale. Questa è la tragedia di Cecilia Sala, nessuno obbligava Roberto Salis ad entrarci, se lo fai devi obbligarti a una continenza minima. E magari anche all’esercizio della memoria: il governo italiano non si disinteressò affatto di sua figlia, anzi di fronte alla scena urticante di Ilaria in catene inoltrò proteste formali a Budapest e la Meloni chiamò direttamente Orban. «Un’ottima notizia», la definì lui. Ma era ancora Roberto Salis, non @robesalis, professione influencer.

 

 

 

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