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Pisapia vuol cacciare il Milan da San Siro

Il nuovo "codice etico" comunale impedisce la gestione degli impianti sportivi a pregiudicati e interdetti. Come Silvio berlusconi

Matteo Legnani
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Certo, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia è un appassionato tifoso interista, tanto da ver ricevuto il neopresidente nerazzurro Tohir a Palazzo Marino al primo sbarco dell'indonesiano in città, alcune settimane fa. La fede calcistica, però, conta poco. Conta invece il manicheismo con cui una parte della sinistra continua a gestire le vicende legate alla giustizia. Così, capita che ora il sindaco si trovi a dover risovere una bella gatta da pelare, almeno per non alienarsi le simpatie di quella metà della città che tifa Milan e ancora non lo odia in quanto di estrema sinistra. Accade infatti che il presidente della commissione comunale antimafia, David Gentili, e la sua collega allo Sport  Anna Censi (entrambi del Pd) abbiano messo a punto con la collaborazione di un pao di Ong e del fratello del sindaco Guido (pure lui avvocato) un "codice etico" per la gestione degli impianti sportivi comunali milanesi. E cosa prevede, tra le altre cose, questo codice? Che tale gestione non possa essere assunta da soggetti che abbiano avuto condanne definitive a due o più anni di reclusione e che siano stati interdetti dai pubblici uffici. E chi rientra in questa categoria? Silvio Berlusconi, presidente (onorario) del Milan, che si divide a metà con l'Inter la gestione dello stadio di San Siro. Ora, se il codice venisse applicato, conseguenza sarebbe che o Berlusconi dovrebbe dimettersi dalla presidenza del Milan o il Milan dovrebbe lasciare San Siro. Pisapia, da avvocato esperto qual'è sta cercando di azzeccare il garbuglio, cioè trovare una "scappatoia" per il cavaliere: magari appigliandosi al quella carica solo "onoraria" oppure non rendendolo obbligatorio. Insomma, un casino...

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