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Forconi, chi ha paura della protesta: Repubblica, Travaglio e poteri forti

Giulio Bucchi
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Chi ha paura dei Forconi? Sicuramente il Viminale, che per oggi teme una mobilitazione a Roma, nel giorno della fiducia al governo Letta e che ha già avvertito: "Non sarà consentito che le città vengano messe a ferro e fuoco". E poi i partiti: il Movimento 5 Stelle cerca di cavalcare la protesta, con Beppe Grillo che addirittura chiede ai poliziotti di abbandonare la difesa di politici e luoghi di potere, unendosi alla gente in piazza inferocita. Silvio Berlusconi oggi incontrerà i camionisti e, pressato da parte di Forza Italia con un occhio di riguardo a negozianti e commercianti (che da blocchi e presidi hanno più da perdere che da guadagnare), ha chiesto al governo di ascoltare la protesta, fare qualcosa insomma. Tutti gli altri, però, sono in crisi, in bilico tra la condanna degli eccessi e le violenze (decisamente limitate se si considera l'ampiezza della mobilitazione) da un lato e la comprensione delle lamentele (magari con un retropensiero elettorale). Nel dubbio evitano di esporsi, anche perché come ammesso anche dal ministero degli Interni "non si sa con chi parlare". E soprattutto, non si sa con chi si sta parlando. Destra (in piazza ci sono esponenti di Forza Nuova e CasaPound, ma non sono loro gli organizzatori), ultrasinistra (i centri sociali antagonisti, come Askatasuna, si sono mescolati ai manifestanti a Torino), antipolitica che scavalca lo stesso Grillo? La Stampa e l'incubo della piazza - Per ora a prendere posizione sono soprattutto i giornali, spesso per rappresentare i cosiddetti "poteri forti" che dai Forconi, dalla loro richiesta di giustizia sociale, dalla scintilla di rivolta hanno solo da perdere. La Stampa di Torino (e degli Agnelli-Elkann) parte pancia sotto, anche perché il capoluogo piemontese è uno dei centri nevralgici della mobilitazione. "La protesta fa paura", titola a tutta pagina il quotidiano diretto da Mario Calabresi, con il Buongiorno di Massimo Gramellini a dar voce a una negoziante intimidita e minacciata di morte dai Forconi perché non vuole chiudere il suo esercizio in segno di solidarietà. "Forconi su cui si isseranno le prossime dittature", è la profezia di Gramellini, doppiata da due reportage gemelli nelle pagine interne: "Tra i commercianti terrorizzati: "Noi, chiusi per le minacce e lo Stato non ci protegge" e "Picchiati, minacciati e insultati: l'esasperazione è solo nostra". La tesi è questa: dar voce alla gente spaventata dai Forconi per demolire la protesta. Nota a margine: tattica vista molto di rado quando la piazza la demolivano No global e black bloc, magari a Genova nel 2001. I salotti buoni di Corriere e Sole - Il Corriere della Sera preferisce aprire con i funerali di Nelson Mandela a Johannesburg e le tensioni sul governo. Quindi, guarda caso, "Il timore dei Black Bloc" e un "Neri e rossi nella stessa piazza". Il pezzo (di Marco Imarisio) è molto interessante, il rischio (che il Corriere non evita) è quello di ridurre la protesta a un agglomerato di estremisti, un po' naif e fuori di testa. Il Sole 24 Ore, giornale di Confindustria, fa un passo avanti paventando il rischio di "serrata" e di "sciopero generale": da Torino a Genova, fino a Palermo, pare solo una questione di ordine pubblico, mentre a disagio e richieste concrete non si fa cenno. Lo stupore di Gad Lerner - Repubblica affida a Gad Lerner un viaggio "tra i forconi di Piazzale Loreto", tra "commercianti e ultras". Gad brancola nel buio, chiede chi ha organizzato tutto (e quando gli rispondono "Facebook" resta di sasso), prova a tirar fuori un punto fermo: la strumentalizzazione tentata da Grillo e Berlusconi. Eppure la "piazza" non ci sta, non si riconosce in sigle e partiti, è già oltre. E' questo risvolto anarchico che fa paura a Gad, ai salotti buoni di Repubblica così come a quelli tanto vicini a Corsera, Stampa, Sole. E anche chi ai salotti preferisce le aule di giustizia, come il Fatto quotidiano, va giù pesante parlano di "assedio tra strade bloccate e supermarket chiusi", "galassia della violenza" e, naturalmente, "Berlusconi e il fascino del Forcone". Perché a questi "ribelli", senza targhetta né pedigree, non si riesce ancora a mettere il guinzaglio. di Claudio Brigliadori

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