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Il garante dei bimbiapre alle adozioni gay

Spadafora: "E' tempo di confrontarsi sul tema". Ma a colpi di sentenze e "aperture" si va verso la disgregazione della famiglia

Nicoletta Orlandi Posti
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Papà, zio, mamma, genitore uno o due, tutte categorie ormai superate, per alcuni giudici e perfino a giudizio del Garante per l'infanzia e l'adolescenza. Quest'ultimo, Vincenzo Spadafora, ha tracciato ieri la rotta, con un'affermazione rivoluzionaria: «È ormai giunto il momento che nel nostro Paese si apra un dibattito in tema di diritti civili e quindi anche un confronto sulle adozioni alle coppie omosessuali». Se,  nei Paesi cosiddetti evoluti, la disgregazione della famiglia si è realizzata con successo, in Italia si procede per tappe successive. A colpi di sentenze, di interpretazioni delle norme giuridiche, più che con il confronto auspicato da Spadafora a margine del convegno nazionale «Per una giustizia a misura di minore», organizzato dall'Associazione italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, in corso a Salerno. Sul provvedimento adottato dal Tribunale di Bologna che ha concesso l'affidamento di una bambina a una coppia di omosessuali, il Garante nazionale per i minori sostiene che «vi è una sostanziale differenza tra affidamento e adozione. Il primo è un istituto temporaneo, e quindi la bambina in questione di sicuro sarà riportata nella sua famiglia di origine. Non ci sono ora particolari novità in merito, dal momento che la legge prevede che nei casi di affido i bambini possano essere dati a famiglie, preferibilmente con figli, ma anche a single o a coppie omosessuali». Succede, quando ci si fa un'idea tutta personale delle leggi, come la 149 del 2001, che disciplina l'istituto dell'affido. Occorre proprio mettercela tutta per distorcere l'art. 2, dove dispone che il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, sia «affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno». E a nessuno, nemmeno quando si consente «l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato», può venire in mente una coppia gay. Si tratta delle cosiddette «case famiglia», strutture destinate all'accoglienza di minori, anziani e soggetti problematici. Ma la decisione del Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna che, contro l'opinione della Procura, ha deciso di affidare una minorenne a due omosessuali nel Parmense, è giustificata ufficiosamente dal fatto che la bambina «è consapevole del ruolo non genitoriale svolto dagli affidatari» ed è «coinvolta nella vita di questi ultimi anche unitamente agli altri componenti della sua famiglia originaria». Perciò, osserva l'onorevole Eugenia Roccella, eletta con il Pdl, «il Garante inoltre dovrebbe chiarire in quale punto della legge si prevede esplicitamente la possibilità di affidare un minore a una coppia omosessuale». E comunque, se «è necessario aprire un dibattito sulla questione delle adozioni da parte degli omosessuali», non vanno percorse scorciatoie che privilegino le fughe in avanti della magistratura ed escludano la società civile dalle decisioni che riguardano tutti. Quindi, «bisogna aprirlo nella sede pertinente, e cioè il Parlamento italiano, in modo che l'opinione pubblica sia coinvolta e possa conoscere gli orientamenti in materia di ogni forza politica». Nel frattempo, continua la Roccella «il Garante per l'Infanzia, se volesse garantire davvero l'infanzia, invece di fare dichiarazioni ideologiche e inesatte, dovrebbe chiedere al Tribunale di Bologna in base a quali criteri, rispettando l'indiscusso principio del migliore interesse del minore, sia stata scelta per l'affido della bambina una coppia omosessuale. Dove è la letteratura specialistica a cui gli esperti e i magistrati hanno fatto riferimento? Qual è il modello di famiglia, paternità e maternità che si vuole trasmettere alla bambina?».  Il retroterra culturale e politico di Spadafora, Presidente dell'Uniucef Italia, del resto non è esattamente quello della democrazia partecipativa. L'organizzazione che rappresentava fino alla sua nomina istituzionale, cioè il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia, è un organo sussidiario dell'Onu che sfugge al controllo di ogni rappresentanza politica. Ma non certo alle influenze ideologiche, visto che da almeno due decenni promuove l'aborto spacciandolo come una misura di salute riproduttiva, soprattutto nel Terzo Mondo. di Andrea Morigi

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