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Vaticano, si dimette il comandante della Gendarmeria: ciò che Papa Francesco non ha potuto tollerare

Davide Locano
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Non saltano le teste, ma fioccano le dimissioni. Un caso clamoroso in Vaticano: si è infatti dimesso il Comandante del Corpo di Gendarmeria, Domenico Giani, il quale ha rimesso il proprio mandato nelle mani di Papa Francesco. La notizia è stata diffusa da un Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, in cui si legge: "Nell'accogliere le dimissioni, il Santo Padre si è intrattenuto a lungo col Comandante Giani e gli ha espresso il proprio apprezzamento per questo gesto, riconoscendo in esso un'espressione di libertà e di sensibilità istituzionale, che torna ad onore della persona e del servizio prestato con umiltà e discrezione al Ministero Pretino e alla Santa Sede". Leggi anche: La telefonata a Papa Francesco di Pietro Maso Le dimissioni sono arrivate come conseguenza dello scandalo destato dalla perqusizione avvenuta nella Segreteria di Stato vaticana fatta da lui e dai suoi uomini (al posto di Giani dovrebbe andare ad interim il suo attuale vice, Gianluca Gauzzi Broccoletti, uomo gradito al Papa). In seguito alla perquisizione, sono scattate cinque sospensioni tra cui quella di don Mauro Carlino, capo degli uffici della Segreteria di Stato, e Tommaso Di Ruzza, direttore dell'antiriciclaggio. Negli ultimi giorni è emerso da alcuni retroscena di stampa come Papa Francesco non abbia gradito i metodi di questa perquisizione. Secondo fonti vaticane citate da Repubblica.it, fino a domenica sera Giani era covinto che l'eventuale sostituzione sarebbe avvenuta più avanti. Ma così non era, tanto che ha deciso di rimettere il suo mandato. Nella nota ufficiale diramata dalla sala stampa vaticana si legge ancora: "Volendo garantire la giusta serenità" per il proseguimento delle indagini coordinate dal Promotore di Giustizia ed eseguite dal Corpo della Gendarmeria, "non essendo emerso al momento l'autore materiale della divulgazione all'esterno della disposizione di servizio" - riservata agli appartenenti alla Gendarmeria e alla Guardia Svizzera - il comandante Domenico Giani, "pur non avendo alcuna responsabilità soggettiva nella vicenda", ha rimesso il proprio mandato nelle mani del Papa, che ha accolto le sue dimissioni. A Giani è stato contestato l'omesso controllo e la mancata individuazione della talpa, ma in realtà le sue dimissioni si inquadrano in una guerra interna che risale a svariati mesi fa e si è consumata sulla gestione di numerose inchieste delicate, dalla pedofilia alla scomparsa di Emanuela Orlandi, fino alla gestione del patrimonio e ai rapporti tra lo Ior e l'Antiriclaggio. "Gli eventi recentemente accaduti hanno generato un grave dolore al Santo Padre e questo mi ha profondamente colpito". Questo il commento a caldo di Giani, in una intervista realizzata da Alessandro Gisotti, vicedirettore editoriale del Dicastero per la Comunicazione. Giani ha sottolineato di aver anche lui "provato vergogna" per la pubblicazione di un documento che ha coinvolto altre persone (disposizione di servizio con nomi e foto di cinque dipendenti della Santa Sede coinvolti in una inchiesta, ndr) e che "ha certamente calpestato la dignità queste persone". "Anche io come Comandante ho provato vergogna per quanto accaduto e per la sofferenza arrecata a queste persone - ha affermato -. Per questo, avendo sempre detto e testimoniato di essere pronto a sacrificare la mia vita per difendere quella del Papa, con questo stesso spirito ho preso la decisione di rimettere il mio incarico per non ledere in alcun modo l'immagine e l'attività del Santo Padre", ha concluso.

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