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Ci sono due studenti islamici La prof vieta la messa a tutti

Le scolaresche hanno saltato le celebrazioni del 4 novembre perché le insegnanti non volevano offendere i ragazzini musulmani. La rabbia del parroco: assurdo

Andrea Tempestini
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A Villermosa, a 40 chilometri dal capoluogo sardo, a causa della presenza islamica, non si può più nemmeno andare a messa quando si vuole. Il campanello d'allarme è suonato lo scorso 4 novembre, quando a due classi della scuola primaria è stato impedito di partecipare alla funzione liturgica. Se no, nel frattempo, dove sarebbero andati i due alunni musulmani del paese? Non li si poteva certo obbligare a entrare in un edificio di culto cattolico contro la loro volontà. Così  le insegnanti, di loro iniziativa e senza consultare nessuno, hanno scelto la via più sbrigativa: anche i bambini cattolici, invece di entrare nella chiesa parrocchiale di San Lucifero, sono rimasti fuori, fermi davanti al monumento ai caduti, a sentire il discorso del sindaco, Francesco Spiga, alla presenza delle autorità civili, nella giornata delle Forze Armate e della commemorazione del Milite Ignoto. Pur di non far emergere differenze, si è deciso di eliminare radicalmente il tradizionale aspetto religioso della ricorrenza. Scelta di minoranza Quando l'ignaro parroco, don Massimiliano Pusceddu, vede arrivare la scolaresca dimezzata, si domanda a cosa sia mai dovuta quell'improvvisa defezione. Celebra regolarmente, poi s'informa. Sono le madri degli alunni, esclusi dai riti, a spiegarglielo nei particolari: «Prima ci siamo offerte per prelevare personalmente i nostri figli dalla scuola e portarli a messa, tanto per consentire alle maestre di rimanere con i bambini musulmani. Ci hanno risposto che non se ne parlava neanche!». Ci si adegua al presunto volere della minoranza, insomma, tutto per un'autonoma decisione di gente stipendiata dal ministero della Pubblica Istruzione. È allora che il reverendo, pugile dilettante di buon livello e assiduo frequentatore del ring, s'infuria. «Da sempre, tutti gli anni», osserva parlando con Libero, «a Vallermosa si ricordano gli eroi che hanno consentito a tutti noi, immigrati compresi, di vivere in libertà e in democrazia. Per quale motivo qualcuno dovrebbe essere escluso dalle cerimonie?»  Inutile chiedere delucidazioni maggiori alla preside, Bianca Maria Meloni, il cui telefono ieri continuava a squillare a vuoto: non ha risposto nemmeno ai messaggi lasciati in segreteria telefonica. Tanto silenzio insospettisce e denota imbarazzo. Forse perché, senza dirlo a nessuno, in quel centro di appena duemila abitanti è stata instaurata la sharia, la legge coranica? «No, assolutamente», risponde il primo cittadino, piuttosto infastidito dalla provocazione. Eppure è accaduto quello che accade normalmente in Iran o in Arabia Saudita, dove ai cosiddetti «infedeli» si impedisce la libertà di culto.  «Solo un disguido» Semmai, «la questione è stata percepita in modo diverso da come si sono svolti i fatti». Secondo la ricostruzione di Spiga, invece, l'episodio «è tutto frutto, semplicemente, di un disguido organizzativo. Vallermosa in questo senso è un esempio di integrazione. Le comunità religiose diverse interagiscono serenamente. E poi alla funzione civile hanno partecipato tutte le classi. Solo che il sacerdote ci ha chiesto di svolgere la celebrazione liturgica in chiesa, e non davanti al monumento, per motivi atmosferici». Il problema rimane. Ma è stata violata la libertà religiosa o no? «Se le maestre hanno avuto delle remore, che hanno impedito ad alcuni di professare la loro religione, certamente sì. Il rispetto implica l'obbligo di non ledere i diritti altrui». Per il sindaco, comunque, sarebbe un'esagerazione descrivere il paese a un passo dalla rivolta: «Da me non è venuto nessuno a protestare. È una comunità abbastanza serena e posso affermare che siamo avanti rispetto a questi temi. So che ci sono state delle lamentele delle mamme, ma non tanto nei miei confronti quanto verso la direzione scolastica». Nella speranza che qualcuno adotti provvedimenti. di Andrea Morigi

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