Carabiniere ucciso a Roma, per la sinistra la colpa della foto choc di Natale Hjorth è di Matteo Salvini
Nel merito della questione, la foto shock del ragazzo americano bendato e ammanettato nella caserma dei Carabinieri (che sta facendo il giro del mondo), non è entrata. Però, a suo modo, il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha preso le difese dell' Arma. «Che il suo sacrificio possa servire a far si che il Paese si renda conto dello sforzo che compiono quotidianamente le forze dell' ordine per tutelare la sicurezza dei cittadini», dice il titolare del dicastero dal quale dipende la Forza Armata, dopo aver reso omaggio al vice brigadiere dei Carabinieri, Mario Cerciello Rega. Comprendere dunque, non assolvere. Tantomeno far finta di nulla. Il caso c' è e impone la massima chiarezza. Ma per la sinistra il colpevole è uno solo, Matteo Salvini, e il «processo» è già iniziato. L' accusa formulata è quella di difendere, a prescindere, i carabinieri. Anche nel caso della foto. «A chi si lamenta della bendatura di un arrestato, ricordo che l' unica vittima per cui piangere è un uomo, un figlio, un marito di 35 anni, un Carabiniere, un servitore della Patria morto in servizio per mano di gente che, se colpevole, merita solo la galera a vita.Lavorando. Punto», sostiene il ministro dell' Interno, Matteo Salvini. Apriti cielo. LA CENTRALE DEL MALE «Salvini non si illuda di distrarci con le sue foto provocatorie», afferma il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, «i suoi collaboratori, probabilmente pagati con i soldi dei cittadini, sono a capo di una centrale dell' odio e del disordine». «È una vergogna per l' Italia e la sua storia», rincara la dose l' ex ministro della Difesa, Roberta Pinotti, oggi senatrice del Pd, «noi siamo la Patria di Cesare Beccaria, che con "Dei delitti e delle pene" dà impostazione fondamentale alla civiltà giuridica sulla detenzione dell' Europa liberale. Ma la propaganda dell' odio, su cui il ministro ha basato il suo consenso, non può fermarsi. E allora ogni occasione è buona per strumentalizzare». Salvini, però. non molla. E rilancia. «Nel giorno in cui a Roma si apre la camera ardente per il nostro Carabiniere, la scritta "Più sbirri morti" nei luoghi della violenza No Tav riempie di tristezza e di sgomento. Vergognatevi, siete gente senza coscienza e senza morale e, per fortuna, siete pochi», scrive su Facebook il leader del Carroccio. «Gli italiani perbene si stringono nell' abbraccio a chi, indossando una divisa, ogni giorno mette a rischio la propria vita per difendere quella degli altri». Meno «politico» e più «tecnico» il commento dell' ex magistrato Pietro Grasso, oggi parlamentare di Leu, su Facebook. «È una foto che mi fa male perché quel comportamento infanga il lavoro di migliaia di Carabinieri. Chi rappresenta lo Stato non deve fare queste cose. Chi fa il ministro della Repubblica non deve giustificarle, come hanno fatto Centinaio e Salvini. È pericoloso, sbagliato, e fa male al nostro Paese. Non posso nascondere di essere davvero preoccupato». IL VERO CRIMINE Meno pragmatico il commento di Emanuele Fiano, membro della presidenza del gruppo del Pd alla Camera che parla di «cinismo schifoso», riferendosi alla «Bestia», ovvero «la macchina del consenso salviniano». «Io voglio giustizia rapida e inflessibile per gli assassini, ma», chiosa Fiano, «nessun cedimento alla barbarie». Dalle fila del centrodestra si leva la voce della presidente del gruppo di Forza Italia alla Camera, Mariastella Gelmini. «Il caso della foto non deve essere strumentalizzato contro le forze dell' ordine: il vero crimine è l' efferato omicidio di un servitore dello Stato», afferma, «dai vertici dell' Arma sono arrivate parole nette e sagge e ci saranno i conseguenti accertamenti: chi ha sbagliato dovrà spiegare il suo comportamento, ma ciò non ci può distrarre neanche per un attimo dal gravissimo reato di cui è macchiato il giovane statunitense e dalla concreta solidarietà agli uomini in divisa che, spesso a prezzo della vita, proteggono la nostra sicurezza. Né l' episodio può mettere in discussione la nostra vicinanza all' Arma dei Carabinieri e alla famiglia dei vice brigadiere Cerciello Rega». di Enrico Paoli