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Sea Watch 3, l'arroganza di Carola Rackete: la risposta alla Capitaneria italiana

Davide Locano
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Alle 14 di mercoledì 26 giugno, la Sea Watch forza il blocco navale ed entra in acque italiane alla volta di Lampedusa, in barba alle leggi italiane. Obiettivo, far sbarcare in Italia i 42 immigrati a bordo. Solo in Italia, perché la ong non ha mai preso in considerazioni soluzioni alternative: il gesto è eminentemente politico. La decisione di forzare il blocco navale viene comunicata dalla capitana, Carola Rackete, alla Capitaneria di porto di Lampedusa: "Buonasera, la informo che devo entrare nelle acque territoriali italiane", afferma (il dialogo è stato diffuso da SkyTg24). "Se il vostro stato di necessità è... non posso più garantire lo stato delle persone", afferma la 31enne. E ancora: "Devo far sbarcare le 42 persone che ho a bordo. Virerò la barca, entrerò in acque territoriali". A quel punto la capitaneria chiede di passare su un altro canale, dunque intima: "Non siete autorizzati ad entrare in acque territoriali italiane". Ma la Rackete se ne frega: "Il tempo di arrivo stimato per l'altro porto è di 2 ore", taglia corto. E la conversazione finisce, con Sea Watch lanciata verso Lampedusa e contro l'Italia. Leggi anche: "Arrestarli tutti e affondare la nave": Sea Watch, Meloni durissima

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