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Denaro, cade l'ultimo tabù: è la parola dell'anno, finalmente non puzza più

Giulio Bucchi
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A parte San Francesco d' Assisi, non conosco nessuno che sia capace a resistere alla forza del denaro», diceva Jorge Amado. E, io, al di là della santità fiammeggiante, neanche sul poverello di Assisi metterei la mano sul fuoco. Non ho dubbi. Per me anche Francesco nascondeva i suoi asset finanziari sotto il saio. Il denaro è seduzione, è demone antico ed è, al contempo, ultimo tabù violato. Pecunia non olet davvero, e finalmente. Non è un caso che l' Università Iulm di Milano abbia scelto come "parola dell' anno" il "denaro", basandosi su una definizione molto astuta dello storico israeliano Yuval N. Harari: «È il più universale ed efficiente sistema di fiducia reciproca mai ideato» (citare Soros o Milton Friedman sarebbe stato assai meno accademico). E, da qui, ecco sgorgare una serie di iniziative: la pubblicazione di un apposito dossier sul periodico MasterX curato da Daniele Manca; una grande mostra, d' aspirazione itinerante proprio sul danaro il 30 ottobre prossimo curata dal geniaccio grafico di Sergio Pappalettera che immergerà il visitatore tra le caligini sonore dei battitori d' asta, tra lo stormire della filigrana e il tintinnio d' estasi delle slot machine; e i convegni, e i ritrovi tra generazioni, e le feste ritmate da una playlist che varia da Mille lire al mese a Soldi di Mahmood. I dibattiti - A questo s' aggiungono i dibattiti che, inevitabilmente s' accenderanno. Ci sarà quello sui "soldi che influiscono più dei sogni nelle scelta universitaria"; quello sulle app "alla PayPal" che sostituiscono il fruscio della cartamoneta e quello sulla criptoeconomia dei Bitcoin e degli Stable Coin, magari usati come alternativa alla vacuità politica dei minibot. Ci sarà l' indagine sull' esegesi del soldo (la prima emissione monetaria di 10 assi risale al 269 a.c. Denarius viene da deni, dieci e nummus, moneta); o sulla sua valenza sportiva nel mondo degli investimenti calcistici; o sulla rievocazione storica riguardo l' idea impellente del Bancomat, roba nata da uno scozzese rinchiusosi in un bagno, disperato per aver passato inutilmente un' intera giornata alla ricerca di una banca aperta. Il denaro possiede pure un indiscutibile imprinting sociale. «Ci sono due grandi patti su cui si fonda la società: il linguaggio e il denaro. Il denaro perché se accetti che in cambio di pezzettini di carta mi dai una casa o un' automobile assieme alla legittimazione di un' autorità che garantisce l' operazione - cosa ben diversa dal baratto - s' innesca un meccanismo di fiducia assoluto. Il denaro, sempre in bilico tra i due opposti pecunia non olet e sterco del diavolo (il totem laico e il tabù cattolico salvo per i cattolici inventarsi le banche) rappresenta la vera società liquida, prima che l' inventasse Bauman», afferma il Rettore della Iulm - e critico cinematografico - Gianni Canova «ed è, questo, un tema di riflessione comune per provare ad interrogarsi su qualcosa dato per scontato ma che segna la quotidianità della vita, specie in questi tempi di legge di bilancio. Gli studenti hanno risposto entusiasticamente». Il denaro è anche semiotica pura. Come il linguaggio, per funzionare ha bisogno di una convenzionalità riconosciuta e della condivisione: un naufrago o un anacoreta non saprebbero che farsene, per dire. Ma il denaro, dai tempi in cui gli antichi greci usavano mettere la monetina soldo sotto la lingua dei defunti per agevolarne il passaggio nell' Ade, è il terminale economico della vita stessa, smuove l' istinto e le coscienze. Antico e moderno - «Il denaro ha attraversato tutta la storia dell' umanità, è antichissimo, ma, al tempo stesso, nelle sue declinazioni moderne, usa le forme tecnologiche più avanzate», dice proprio a MasterX il direttore generale della Banca d' Italia Salvatore Rossi, il cui sguardo saetta tra i paradossi del nostro rapporto debito/Pil al 130% accostato alle 4452 tonnellate di riserve aureee accatastate proprio nel caveau di Palazzo Koch. Il che mi porta ad una strana associazione d' idee. Ripenso, per contrasto, agli inghippi del reddito di cittadinanza, e al denaro stillato dalla Gig economy, l' "economia del lavoretto" che solo in Italia impiega 700mila persone e che costringe la generazione dei nostri millennials - i ragazzi nati tra gli anni 80 e 90 - a stiparsi nell' ascensore sociale delle diseguaglianze: uno scatolotto proiettato, come in vecchio film di Alan Parker, soltanto verso il basso, verso l' inferno del mestiere dei figli inesorabilmente dequalificato rispetto a quello dei padri. Temi assolutamente trasversali, i suddetti. Tutti volti a ribaltare quello snobismo spirituale, quel luogo comune pauperista secondo cui il danaro non dà la felicità. Non darà la felicità ma ci arriva parecchio vicino. Non si vive senza denaro. Tranne, forse a Auroville, una città indiana finanziata dall' Unesco che vive senza soldi, dove politica e religione restano fuori dei confini e i cittadini vivono tra start up e progetti agricoli culturali e tecnologici, alla mercé di un inedito reddito di cittadinanza che ha il sapore di un santuario tibetano. Ma Auroville è un posto di una noia mortale, dove non vivrei neanche se mi pagassero Il lato negativo del denaro, di questi tempi, è invece, semmai, il surplus d' informazione. Recessione tecnica, spread, guerra dei dazi, psicossessione dell' euro, deflazione, disavanzo strutturale, peripezie del debito pubblico (ogni promessa è debito pubblico..), indice di produttività totale dei fattori, parabole degli ordinativi industriali. Diomio. È da qualche anno che ci troviamo invischiati nella ragnatela lessicale di questo mondo, un tempo oscuro e ora illuminato dalla cronache. Il trucco sta nel trattare al meglio questa materia in fondo arida e necessaria. Usare la carta di credito pensando alla potenza dei romanzi sul denaro di Balzac o di Tolstoj; armare il libretto degli assegni e amare, al contempo, le Mille luci di New York di Jay McInerney o La vita finanziaria dei poeti di Jess Walter. Sentire un discorso anti-euro del sottosegretario Borghi e visualizzare Totò, Peppino e Giacomo Furia che appendono le diecimila lire false al filo del bucato nella cantina-bunker della Banda degli onesti. E, a quel punto, tra il poverello d' Assisi e Gordon Gekko non saprai davvero chi tifare di Francesco Specchia

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