Sea Watch 3, il fiume di milioni di euro che spende la Ong: da dove arrivano quei soldi
Flotta dalle uova d'oro, quella delle Ong nel Mediterraneo. Dopo che su Libero abbiamo passato in rassegna i finanziatori del volontari che navigano nel Mediterraneo, ecco che Il Giornale snocciola altre cifre. Si parla di quei soldi che non mancano mai. Per esempio a Sea Watch. Tutto legale, sia chiarissimo. Ma le cifre danno l'idea del fenomeno. Fari puntati, appunto, su Sea Watch, la ong che con Matteo Salvini e il governo italiano ha ingaggiato il duello più aspro (da giorni fa la spola di fronte al porto di Lampedusa in attesa di sbarcare 42 immigrati). Leggi anche: Sea Watch 3, i magistrati in azione contro la Ong Basta spulciare il bilancio della ong per scoprire che nella colonna "entrate" del 2017-2018 risultano la bellezza di 1,6 milioni di euro, che arrivano da diverse donazioni. Poi le uscite. Due anni fa, la ong battente bandiera tedesca ha speso la bellezza di 456mila euro per l'acquisto di Sea Watch 3, la nave attualmente operativa, e altri 328mila per le sue operazioni. Poi a bilancio risultano altri 421mila euro per Sea Watch 2 e 70mila per la Sea Watch 1. Mica bruscolini. Ma a queste cifre vanno aggiunti altri 39mila euro spesi per mettere in volo il Moombird, aereo da ricognizione che, come svelato da Nicola Porro a Quarta Repubblica, ora fa base a Lampedusa. E ancora, 54mila euro per il camp Malta e 262mila per l'equipaggio di terra. Il totale è di 1,9 milioni di euro, cifra superiore a quanto incassato da Sea Watch nel 2017. Va sottolineato che dall'autunno del 2017, Sea Watch abbia lasciato navigare in mare soltanto una delle navi che compongono la flotta, la quale è costata addirittura 784mila euro. E ancora, l'aereo che opera a Lampedusa e che serve ad avvistare i barconi per poi comunicare le coordinate necessarie per i soccorsi, ha richiesto la bellezza di 196mila euro, il team e gli uffici 304mila euro (di cui 230mila di costo del personale), il camp Malta altri 55mila e il team italiano ben 62mila (di cui 26mila soltanto per il personale). Si tratta di cifre "provvisorie fino alla fine del terzo trimestre". Cifre che danno in modo plastico l'idea del fiume di denari che graviti attorno alle ong e alla Sea Watch in particolare.