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Matteo Salvini, la bomba Arata sulla Lega: "In dote influenti contatti". E Morra lo convoca in Antimafia

Giulio Bucchi
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L'arresto di Paolo e Francesco Arata, oltre che Armando Siri, tira in ballo direttamente la Lega. "Dalle attività di indagine si legge nell'ordinanza del Gip di Palermo sulle manette scattate ai due faccendieri padre e figlio indagati per corruzione insieme all'ex sottosegretario leghista - è emerso che Arata ha portato in dote alle iniziative imprenditoriali con Vito Nicastri gli attuali influenti contatti con esponenti del partito della Lega, effettivamente riscontrati e spesso sbandierati da Arata medesimo e di cui informava puntualmente Nicastri". Secondo i pm, Siri avrebbe ricevuto 30mila euro dagli Arata per favorire provvedimenti di legge (mai approvati) a sostegno dell'eolico in Sicilia. A causa dell'indagine, il sottosegretario alle Infrastrutture è stato poi rimosso dal governo causando un duro scontro tra Lega e M5s. E ora il grillino Nicola Morra, presidente della Commissione antimafia, rilancia: "Ho richiesto con lettera ufficiale in data 7 maggio 2019 la convocazione del ministro dell'Interno Matteo Salvini in commissione Antimafia. Lettera ufficiale che è partita solo dopo numerose sollecitazioni informali per fissare una data di audizione già dalla terza settimana d'insediamento della commissione stessa, ovvero a dicembre 2018. Il rispetto istituzionale avrebbe richiesto una veloce risposta alle interlocuzioni informali anche per dare precedenza a chi è preposto, con le sue linee guida, alla lotta alla mafia". Leggi anche: Il leghista Siri indagato per una legge mai approvata, cosa non torna Il 31 maggio dello scorso anno, "in occasione dell'occasionale rinvenimento della telecamera installata di fronte l'ingresso della casa di Nicastri, veniva intercettata una conversazione tra Manlio Nicastri (figlio di Vito, ndr) e Francesco Arata dalla quale emergeva l'assoluta consapevolezza del gruppo di non poter più interloquire liberamente con Vito Nicastri, in ragione delle prescrizioni di cui erano ovviamente a conoscenza, sia, conseguentemente, la necessità di adottare cautele ancora più rigorose posto che avevano appena scoperto di essere oggetto di investigazioni". Anche se a conoscenza delle indagini, dunque, gli Arata avrebbero continuato secondo gli inquirenti "ad essere la longa manus di Nicastri (considerato il prestanome del boss di Cosa Nostra latitante Matteo Messina Denaro - e a intessere con il detenuto agli arresti domiciliari fitte comunicazioni e continue interlocuzioni, al punto di essere colti in flagranza della violazione delle prescrizioni della misura cautelare".

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