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La Cassazione: chi gioca col pc a lavoro rischia il posto

La Suprema Corte: comportamento ingiustificabile. La contestazione dell'azienda: "L'impiegato è stato al pc 300 ore in un anno"

Ignazio Stagno
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Basta solitari e giochi con il pc in ufficio. Ora lo dice pure la Cassazione. Gli "svaghi" sul pc professionale mettono a rischio il posto di lavoro. Il monito arriva dalla Cassazione che ha ordinato un nuovo esame nei confronti un dipendente della K24 Pharmaceuticals di Roma che nel 2007 era stato licenziato con l'accusa "di avere utilizzato durante l'orario di lavoro il pc di ufficio per giochi con un impiego di quasi 300 ore nel periodo di oltre un anno, provocando un danno economico e di immagine" all'azienda stessa. Il dipendente era stato reintegrato su decisione della Corte d'appello di Roma, nell'agosto 2010.  Rischia il posto - Ma l'azienda ha fatto ricorso ed è riuscita ad ottenere il ribaltamento della sentenza in Cassazione. In particolare, la Suprema Corte ha fatto notare che "l'addebito mosso al lavoratore di utilizzare il computer in dotazione ai fini di gioco non può essere ritenuto logicamente generico per la sola circostanza della mancata indicazione delle singole partite giocate abusivamente dal lavoratore". È, dunque, "illogica - ha sottolineato la Cassazione - la motivazione della sentenza impugnata che lamenta indicazione specifica delle singole partite giocate, essendo il lavoratore posto in grado di approntare le proprie difese anche con la generica contestazione di utilizzare in continuazione, e non in episodi specifici isolati, il computer aziendale" per motivi ludici. Il lavoratore subirà un nuovo esame davanti alla Corte d'appello di Roma che "provvederà ad una diversa decisione non considerando generica la lettera di contestazione da cui poi è conseguito il licenziamento". Adesso il dipendente rischia il posto. 

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