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Trieste, fanno fuori l'imam del centro islamico: troppo aperto ai cattolici

Gino Coala
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Fino al 19 novembre Nader Akkad, siriano con cittadinanza italiana, era l' imam del centro culturale islamico di Trieste. Quarantanove anni, sposato da venti con una donna marocchina, padre di famiglia, nel nostro Paese dal '92, Akkad è un ingegnere civile e un ex ricercatore del centro internazionale di fisica teorica del capoluogo giuliano. Oltre che la guida della comunità musulmana triestina è stato anche a lungo direttore della scuola araba. In città, a sentire la gente, si è distinto per la sua apertura al dialogo interreligioso, per una concezione moderata dell' Islam e per aver condannato a più riprese il fanatismo. Insomma, Akkad si sarebbe sempre comportato in modo opposto rispetto ai troppi imam che nelle associazioni islamiche sparse per l' Italia predicano la supremazia di Allah. Nonostante ciò, o molto più probabilmente a causa di questa sua visione della fede, come dicevamo due settimane fa è stato licenziato. Leggi anche: Feltri, agguato a casa sua: "Il presepe islamico, non c'è più religione", clamorosa manina «GRAVI IRREGOLARITÁ» Il presidente del centro, Saleh Igbaria, gli ha imputato «gravi irregolarità». Akkad è stato accusato di essersi «sistematicamente sostituito al presidente senza autorizzazione», di aver seguito «le elezioni nazionali dell' Unione delle comunità islamiche italiane senza il permesso del direttivo», ma sembra che le giustificazioni non reggano. La guida spirituale della comunità islamica è stata allontanata senza preavviso. Secondo il suo avvocato, Fabio Petracci, «è stato rimosso in modo pretestuoso». «A pensare male si fa peccato, ma le motivazioni addotte non sono serie, non ha commesso alcuna irregolarità» dice il legale a Libero. «Akkad è una persona ecumenica, ama tutte le religioni, è un nemico dell' odio e della violenza, come credo che lo sia anche chi lo osteggia. È stato cacciato dal direttivo e dall' associazione: evidentemente non era in linea con i vertici della comunità. Soltanto dopo ripetute richieste è stato riammesso al centro per pregare assieme agli altri fedeli. Qui non c' è di mezzo solo la sua carica di imam ma anche la dignità. L' espulsione dalla comunità islamica» sottolinea l' avvocato Petracci «viene decretata per fatti gravissimi, se uno ruba, se commette reati o azioni contro il proprio credo. Ma in questo caso non è stata trasgredita alcuna regola, e quindi la cosa insospettisce. Addirittura gli viene imputato di aver affittato per un periodo alcuni locali della comunità a degli stranieri incapienti: è vero, lo ha fatto e lui non lo ha mai negato, si trattava di famiglie poverissime di immigrati, ma non mi risulta che un' azione del genere, per di più commessa da una persone di fede, rappresenti una gran colpa, anzi». Akkad chiamava «fratelli» pubblicamente i cristiani e gli ebrei. Lo ha fatto più volte sia durante le preghiere che in occasione di eventi in città. «Ha cominciato a percepire freddezza nei suoi confronti quando dopo l' ennesimo attentato ha detto "preghiamo per l' Italia, preghiamo per l' Europa"» sottolinea il legale, che per il suo assistito chiede la riabilitazione nel ruolo. Ad aprile nel suo intervento nel corso delle "giornate di dialogo islamo-cristiano" promosse dalla Conferenza Episcopale Italiana, Akkad aveva affermato: «Tramite la conoscenza reciproca vogliamo programmare un futuro migliore, di pace e amore, nel quale le nostre comunità potranno vivere insieme in una società di integrazione e inclusione». CONTRO I TERRORISTI A Venezia, in occasione dei funerali di Valeria Solesin, la giovane uccisa dai fanatici islamici del Bataclan, Akkad aveva parlato in piazza San Marco in rappresentanza di tutti gli imam del Paese. «I terroristi hanno fallito» aveva detto rivolgendosi ad Alberto, il papà della sfortunata ragazza. «Con il tuo invito hai sconfitto il piano di chi ha ucciso tua figlia. Valeria, i tuoi assassini hanno voluto separarci, dividerci. Sono anti religione, anti umanità. Ma noi abbiamo risposto uniti, abbiamo dimostrato che hanno fallito. Oh Allah» aveva concluso l' imam «ti invochiamo affinché sparisca ogni violenza e venga la giustizia. Portala in Siria, in Iraq, in Yemen, ovunque. La follia omicida non è nel nostro nome». Tre anni dopo Akkad è stato cacciato dai "fratelli" islamici. di Alessandro Gonzato

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