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Giornalista intervista un nostalgico fascista e viene perseguito

Cristina Agostini
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Se intervisti uno con la camicia nera, rischi di finire tu nella lista nera. Ora non c'è più bisogno di dichiararsi sovranisti, di non sopportare la retorica antifascista o di non far parte dei salotti radical chic, per essere tacciati di cripto-fascismo. No, basta intervistare un uomo che gioca a imitare Mussolini. È una sorta di apologia di fascismo di seconda mano: se avvicini un fascista, o presunto tale, se lo ospiti in studio, o addirittura gli dai la parola, sei un fascista anche tu. Anche se non condividi mezza parola di quello che lui dice. E quindi sei degno di subire una sanzione esemplare, una scarica di manganellate democratiche. La vicenda del giornalista friulano Gianluca Versace sarebbe comica, se non fosse inquietante. La sua “colpa” è di aver ospitato in studio, all'interno del programma Notizie oggi di Canale Italia che conduce da anni, un certo Ferdinando Polegato, soggetto bizzarro che ama rasarsi i capelli, indossare la camicia nera e calcare un fez sulla capa pelata. Un po' lo fa per vezzo un po' per emulazione, un po' ci crede un po' ci gioca, di certo questo signore che di mestiere fa il ristoratore è diventato un personaggio molto seguito sul web, intervistato più volte in trasmissioni radiofoniche come La Zanzara e invitato in programmi tv. ITER DISCIPLINARE - Come appunto quello di Versace. Nel quale è andato più volte a ribadire le sue convinzioni (s)fasciste. Un po' forcaiole un po' forconaie (nel senso del movimento dei Forconi), con un'ostilità manifesta per il regime democratico. Senza che il conduttore, va da sé, appoggiasse le sue dichiarazioni. Ma non è sufficiente, perché il soviet supremo dell'Ordine dei Giornalisti crede di avere, solo per questo, il diritto per metterti alla gogna e sottoporti a processo. Dopo una delle ultime puntate con Polegato ospite, nel novembre 2017, uno spettatore di Lucca segnala la presenza in studio di quel figuro inquietante all'Ordine dei Giornalisti del Veneto. Il consiglio di disciplina, lo scorso marzo, manda un primo avvertimento a Versace per quel signore «vestito da squadrista fascista» e consegna il fascicolo all'Ordine dei Giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, cui fa capo il conduttore di Notizie oggi. Qualche giorno fa la comunicazione dell'Odg friulano: il relativo consiglio di disciplina ha deciso di aprire «un procedimento disciplinare» contro Versace per «un comportamento giornalistico apparentemente professionalmente non appropriato». Tralasciamo l'orrore di grammatica che accosta due avverbi, con un effetto cacofonico di rara bruttezza (e dire che il testo è scritto da dei giornalisti!). A spaventare è il merito: ora Versace rischia una sanzione disciplinare per aver invitato un ospite sgradito alle consorterie di sinistra. E si badi bene: non perché ne ha sposato le tesi, ma perché lo ha intervistato. E si badi meglio: non perché Polegato ha fatto apologia di fascismo, ma perché era vestito come un fascista. Il problema insomma erano il fez e la camicia nera. «Nella mia trasmissione», ci dice Versace, «ho sempre invitato personaggi con cui non concordo minimamente ma a cui lascio libertà di espressione. Per capirci, ospiterei anche un comunista che venisse con in mano falce e martello. Detto questo, non ho mai legittimato quello che dice Polegato: è una caricatura vivente, un personaggio da fumetto. Accusare me di essere un fascista poi è bizzarro: sono un liberale convinto, erede di una famiglia di democristiani». INTIMIDAZIONE - Allora ecco il sospetto di Versace: l'intenzione era usare Polegato per colpire lui e la sua trasmissione. «È un'intimidazione per attaccare un'emittente libera e indipendente, non schierata con i poteri di sinistra o coi sindacati rossi, che fa ogni giorno 300mila spettatori e non censura le opinioni di nessuno. È il metodo tipico del fascismo degli antifascisti». Nonché una minaccia al sacrosanto diritto/dovere di informazione di un giornalista. «Da quando ho ricevuto questo atto», ci dice Versace, «non ho più invitato Polegato. Mi hanno costretto all'autocensura e non mi sento più libero. Dall'alto cercano di indottrinarti e, se osi invitare un ospite loro sgradito, procedono con la Rieducazione Culturale, come capitava ai tempi di Mao». di Gianluca Veneziani

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