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Per fare il paladino dei profughiMarino cancella i nostri marò

Il cartellone dei due soldati prigionieri in India rimosso per far posto alla celebrazione delle vittime di Lampedusa

Matteo Legnani
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«Noi dobbiamo salvare i nostri due marò che si trovano in stato di fermo in un Paese estero. Una cosa non accettabile perché i fatti per i quali vengono accusati si sono svolti in acque internazionali». Era il 23 febbraio del 2012 quando l'allora sindaco di Roma, Gianni Alemanno, decise di aderire formalmente alla campagna per riportare a casa il maresciallo Massimiliano Latorre e il sergente Salvatore Girone, detenuti in India. Un'adesione sostanziale visto che sulla scalinata del Campidoglio venne issata la gigantografia dei due militari. Un atto che ottenne il plauso di tutti.  Peccato che da una mese e mezzo circa quella gigantografia, installata nello stesso punto della balconata del Campidoglio dove campeggiava la foto del soldato israeliano Gilad Shalit, non c'è più. Scomparsa, eclissata, nonostante i nostri militari siano ancora al centro di un braccio di ferro diplomatico più unico che raro. Eppure sulla balconata fanno ancora bella mostra di se i supporti in legno le corde utilizzate per tenere su la gigantografia, che era visibile sin dalla piazza. Strappata dai soliti vandali? Portata vai dagli antimilitaristi? Oppure una dimenticanza, come vorrebbero far credere in Campidoglio. Magari fosse accaduto ciò. Il problema è che siamo di fronte  ad un caso 'pulizia' politica. Come ricostruito da Libero (grazie anche al pagina Facebook 'Orgoglio italiano, Io sto con i Marò',)  il 10 ottobre scorso la gigantografia è stata rimossa dai dipendenti del Comune di Roma, su mandato del mani di Ignazio Marino, per lo svolgimento di due manifestazioni, visto che il primo cittadino della Capitale ha deciso di far tornare la piazza 'pulita', togliendo le grandi foto dai palazzi. "Le immagini", spiega una nota del Campidoglio, "sono state tolte in concomitanza di due importanti eventi che si sono svolti in piazza: la veglia per le vittime di Lampedusa e la manifestazione interreligiosa organizzata dalla comunità di Sant'Egidio. E per ora non è previsto un loro ritorno". Va bene la solidarietà, ma non per tutti. Soprattutto se chi è nel cuore degli italiani indossa una divisa. Ovviamente il caso della gigantografia rischia di rivelarsi un vero e proprio boomerang per il sindaco. «Pensavo si trattasse del classico caso di distrazione o di amnesia», dice Gianni Alemanno, consigliere comunale ed ex sindaco della Città eterna, «invece è molto peggio. Trovo la scelta del sindaco sconcertante. Da domani daremo battaglia, su tutti i fronti,  affinché la foto dei Marò torni subito al suo posto. Si tratta di un  atto di civiltà e di responsabilità politica». E di senso civico, oltreché etico. Ad usare  per primo la balconata del Palazzo Senatorio, sede del comune di Roma, era stato Walter Veltroni con la foto della leader birmana San Suu Kyi. La espose per ricordare al mondo la sua carcerazione e chiederne la liberazione. Alemanno, poi, durante il suo mandato  ha voluto trasformare la piazza del Campidoglio nel simbolo dei diritti umani. E per questo motivo decise di apporre alle finestre del del palazzo dei Conservatori e di palazzo Nuovo le immagini giganti del soldato israeliano Gilad Shalit, l'ex vicepremier iracheno Tareq Aziz, l'iraniana Sakineh, la leader ucraina Julia Tymoshenko, la cooperante sarda rapita in Algeria, Rossella Urru, ed infine quella dei marò arrestati in India, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Marino ha deciso la pulizia dei palazzi  spazzando via tutto ciò, salvo usare la piazza per la solidarietà che fa comodo a lui.   Ma non c'è solo il caso del  sindaco di Roma  a tener viva l'attenzione  sul destino dei due soldati italiani.  Il sabato del villaggio ha fatto registrare una dura polemica a distanza tra il ministro degli Esteri Emma Bonino e il suo predecessore, Giulio Terzi. «Preciso a giusta memoria»; dice l'ex titolare della Farnesina,  «che nel febbraio 2013 li ho riportati in Italia, mi sono dimesso quando altri hanno deciso di rimandarli in India». «Da marzo a oggi, tra silenzi e annunci, nulla è accaduto», prosegue l'ex ministro degli Esteri, «se non sottomissione a processo illegittimo in India». La Bonino ha innescato la polemica affermando che "il dossier dei Marò in attesa di processo in India è complesso e complicato. Accetto le critiche di tutti, ma non di chi l'ha gestito prima. Se era così bravo», puntualizza l'esponente Radicale, «li portava a casa. Altrimenti mi faccia lavorare». di Enrico Paoli

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