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Quando lo shopping è compulsivoA Milano 70mila donne malate

Secondo la Asl si tratta di una nuova patologia contemporanea, al pari del gioco d'azzardo

Nicoletta Orlandi Posti
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Quello che fino a poco tempo fa sembrava un fenomeno di costume, oggi risulta, a tutti gli effetti, una nuova patologia contemporanea, quasi al pari del gioco d'azzardo. È lo shopping compulsivo, da tanti immaginato come un effetto di telefilm americani, ma in realtà ben analizzato anche dai Servizi Sanitari italici. Il tutto è partito da uno studio della Asl di Bologna, che poi ha allargato lo sguardo al resto del Belpaese. I risultati sono sorprendenti: nella città di Milano, pur sempre capitale assoluta della moda, circa il 6% della popolazione è affetta da tale malattia.  Considerando di sesso femminile il 75% delle vittime di acquisti perpetui, vuol dire, conti alla mano, che nel capoluogo lombardo settanta mila donne soffrono della particolare sindrome. È una problematica caratterizzata dal bisogno urgente e incontrollabile alla compera, da una tensione crescente in grado di trovare consolazione solo nell'atto finale e da una spinta irrefrenabile che porta a non considerare o sottostimare qualsiasi conseguenza negativa, sia essa di natura finanziaria, relazionale o psicologica. Esiste un preciso identikit della shopper compulsiva meneghina. Età tra i 25 e 35 anni, estrazione economica sociale media, grado di cultura alto e una vita sentimentale spesso compromessa. Generalmente i sintomi persistono fin dal loro esordio e gli episodi hanno una frequenza media di 17 al mese con una durata variabile da una a sei ore per ciascun evento. Nella maggior parte dei casi si tratta di vere e proprie fashion victim, così numerose a Milano, che talvolta spiccano per il look colorato e stravagante, anche se curato nei particolari. Sono soggetti capaci di far incetta di abiti, accessori, bigiotteria, cosmetici, insomma qualsivoglia cosa riconducibile all'estetica. La spesa finale non deve risultare necessariamente folle, perché i negozi presi d'assalto possono essere catene low cost tipo H&M e Zara. L'importante è uscire dalla boutique con uno o più pacchetti. Le sensazioni legate all'acquisto portano piacere e rilassamento, salvo il rimorso di coscienza successivo per i denari evaporati.  Insomma un circolo vizioso da cui è possibile uscire solo con una terapia cognitiva comportamentale unita all'uso di determinati farmaci. Alla base di questa dipendenza sussistono disturbi depressivi o ansiosi che si manifestano facendo incetta di oggetti superflui. Leggenda vuole che il campanello d'allarme suoni quando il valore delle scarpe possedute sia superiore al conto in banca. di Massimo De Angelis

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