Musiche di sottofondo e suonerie, addio silenzio in librerie, bar e negozi
Le 7 note dovrebbero allietare, e invece irritano: ci si dimentica che in certi luoghi il silenzio è d'oro
E la chiamano musica di sottofondo... ma non sanno quanto sia fastidiosa, invadente e inopportuna. Quanto molesta sia al ristorante, al bar, nei grandi magazzini, nei negozi. E in libreria, tempio del silenzio, una volta. Entri per scegliere un libro, ti ritrovi investito da ritmi jazz, swing, hip hop, fusion, rock, quando va bene, da canzoncine o dall'ultimo tormentone house, se va male. Impossibile leggere la quarta di copertina, il frastuono delle note ad alto volume deconcentra, fa perdere il filo, non ti fa capire se quello che hai tra le mani è esattamente il romanzo che cercavi. Per non parlare di librerie su quattro piani, dove si ha l'impressione di essere al Pascià di Riccione, con il reparto libri mandato in esilio nel seminterrato. Immancabile però la musica, la stessa che si ascolta ai piani alti dove troneggia il reparto tecnologico. «Ma non le piace la musica?», risponde il cameriere a chi ha provato gentilmente a chiedere di abbassarla mentre sta mangiando. Non mi piace la musica? Io l'adoro. Suono il pianoforte, la chitarra e il violino. Ho in casa uno dei migliori impianti di stereofonia esistenti. Adoro la musica che piace a me, al volume che piace a me. Non quella scelta da altri. Quella che c'è nei ristoranti piacerà al cuoco, ai camerieri e al direttore di sala, a me dà fastidio. Non riesco a conversare. Per farlo devo urlare. E torno a casa con il mal di testa. Stessa ricetta nei negozi: la musica a palla sembra scandire e allietare il tempo che trascorrono i commessi al lavoro, più che procurare piacere a chi entra per acquistare e magari ha bisogno di un ambiente più silenzioso per decidere come spendere il proprio denaro. Subiamo un inquinamento acustico senza precedenti. Ad aumentarlo contribuiscono personaggi come l'esperto di marketing, Julian Tresure, che nel suo libro, Sound Business, sostiene la tesi della musica come motore per far aumentare le vendite del 30 per cento. Canzoni e melodie nei negozi non sarebbero casuali: si intonano con lo stile del prodotto e con i gusti del target a cui si rivolge. Ad esempio, musica dance nei negozi più trendy e classica in quelli che vendono abiti da cerimonia. Il sound business funzionerebbe per un'attenta scelta del sottofondo musicale. Per fortuna che arrivò il momento di svelare la verità. Anni di frequentazione di ristoranti (e non solo) e poi il responso unanime. Non è che sono cari o fanno male da mangiare, la cosa importante è un'altra: la musica toglie l'appetito (e la voglia di fare acquisti). A New York un famoso ristorante ha cambiato ritmo dopo una recensione. Il critico avrebbe detto che dovevano essere «un po' più Miles Davis...». E quando arriva il rockettaro metallaro? Che dire del frastuono (misto di suoni, voci e cronache di partite di calcio) che ci obbligano ad ascoltare i tassisti. Di solito viene fuori dalla loro radio preferita. Ma guai a chiedere di abbassare il volume: il tassista malmostoso si mostrerebbe platealmente risentito con tutte le conseguenze del caso. Il suo messaggio è chiaro: sali sul mio taxi e accetti le mie musiche e tutto il resto, anche le mie telefonate. Quante volte abbiamo dovuto sopportare l'orribile suoneria del suo telefonino e la sua lunga chiacchierata... Certo è che da quando è arrivato lo smartphone i maleducati hanno a disposizione uno strumento in più per comportarsi in maniera sgradevole. Cellulari con suonerie oscene che squillano all'improvviso sui mezzi pubblici (da qualche tempo anche in metropolitana), in treno, al cinema, ai concerti, al ristorante. Con i più bifolchi che giocano con Candy Crush, l'ultimo passatempo inutile per tablet e social network, e impongono la colonna sonora anche ai vicini di scrivania, a volte. Negli open space ci vuole poco per rendere una convivenza complicata. Aria condizionata, rumori molesti, chiacchiere, conversazioni telefoniche e suonerie possono rendere difficile i rapporti tra colleghi. Non c'era neanche bisogno di scomodare InfoJobs.it, sito di recruiting online, per un sondaggio che evidenzia la relazione tra attriti in ufficio e scarsa produttività. In concreto, il 57 per cento dei lavoratori italiani ritiene stressante lavorare negli open space, soprattutto a causa della maleducazione dei colleghi. Fastidiosi il passaggio di persone tra le scrivanie, l'incessante squillo dei cellulari, lo schiamazzo (misto di risate, battute, commenti ad alta voce) proveniente dalle postazioni vicine. Nel migliore dei casi ciò comporta perdita di concentrazione e rallentamento del ritmo di lavoro; in qualche altro caso uno stato di vera e propria irritazione; nei casi più gravi situazioni conflittuali aperte che bloccano l'attività e condizionano fortemente la produttività complessiva. Silenzio addio: ma se la musica non ti piace dalla libreria o dal ristorante puoi uscire, dall'ufficio... no. di Daniela Mastromattei