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Gli zingari onesti si ribellano:"Basta con l'assistenzialismo"

Sette nomadi su dieci vogliono uscire dal ghetto. E lanciano accuse di clientelismo: "Le associazioni intascano i finanziamenti sui campi"

Andrea Tempestini
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Assistenzialismo, vittimismo persecutorio, illegalità, miopia delle associazioni e delle amministrazioni locali: sono questi i mali della comunità Rom. A dirlo, stavolta, non sono i «soliti» giornali di destra, ma gli stessi appartenenti alle comunità Romanes, riunitisi il 7 e l'8 settembre a Silvi Marina, in provincia di Teramo, per il secondo Congresso delle comunità Rom e delle associazioni. A dare il via alla due giorni abruzzese è stato  il presidente della Fondazione Romanì, e promotore dell'iniziativa, Nazzareno Guarnieri, da anni attivo nelle politiche a sostegno della minoranza Rom. Senza perifrasi, Guarnieri va subito al nocciolo della questione, facendo una seria e lucida analisi di quelle che, per così dire, sono le «colpe» della comunità Rom: «Questo non vuole essere l'ennesimo congresso per denunciare le responsabilità di altri e continuare a progettare strategie che si sono rivelate fallimentari», esordisce. Come dire: basta col vittimismo e, soprattutto, basta con la retorica buonista tanto cara a certa politica e a certa stampa. A tal proposito, Guarneri, contattato da Libero, rincara la dose: «La stampa viene imbeccata ad arte dal mondo accademico, dalla società civile e dall'associazionismo per scopi di parte, per finalità politiche. Dire che i rom vogliono vivere nei campi è una fesseria. Dire che sono tutti poveri è una fesseria. Secondo i dati in nostro possesso, il 60-70% dei Rom vorrebbe uscire dai campi e hanno le possibilità economiche per farlo. I campi nomadi fanno comodo alle associazioni a cui è affidata la gestione, che prendono una valanga di soldi». Parole che pesano come macigni, che lasciano spiazzati, specie se si è soliti ascoltare coloro che, così sostengono, si battono per i diritti dei Rom, promuovendo politiche giudicate fallimentari dagli stessi Rom. Guarneri ne ha anche per il governo: «La politica del governo è sbagliata. Si dice che i campi nomadi vanno aboliti ma allo stesso tempo si finanziano. Così non va, si commettono gli errori del passato. Questa strategia vuole essere solo un modo per finanziare il clientelismo politico, nient'altro». Alle parole di Guarneri, sono poi seguiti gli interventi di alcuni attivisti della Fondazione Romanì e dei referenti delle associazioni (68 quelle presenti, tra nazionali e locali). Tra questi, Baskim Berisa, giovane Rom di origine kosovara, presidente dell'associazione «Rom stanziali del Kosovo in Trentino Onlus». I toni non cambiano. Nel mirino di Baskim l'assistenzialismo e il clientelismo, la vera ragione sociale dell'esistenza dei campi nomadi. Come noto, infatti, le varie amministrazioni comunali - attraverso inutili protocolli d'intesa e convenzioni - affidano spesso la gestione dei campi nomadi alle associazioni, finanziandole lautamente. «Perché quei soldi non vengono usati per costruire edifici in cui gli stessi rom potrebbero lavorare? Basta all'assistenzialismo», tuona il giovane attivista. Raggiunto telefonicamente, Baskim incalza: «Noi Rom abbiamo tante colpe, ma alcune associazioni approfittano della scarsa istruzione dei Rom per fargli il lavaggio del cervello». Baskim smonta poi punto per punto molte convinzioni della sinistra sui Rom: «Non c'è scritto da nessuna parte che fa parte della nostra cultura vivere nelle roulotte, nei campi nomadi. Alcuni hanno interesse a rimanere nei campi. Vogliamo aprirli? Bene, si paghi l'affitto, una tassa, come se si stesse in un appartamento». Non è l'unico intervento dello stesso tenore. Anche se altrettanti sono stati quelli di segno opposto, specie tra i rappresentanti della associazioni, attaccate frontalmente dai giovani relatori. Racconta Baskim: in seguito al mio intervento «si è scatenato un putiferio. Non tutti hanno accolto bene le mie parole. Io però dico: stop all'assistenzialismo. Dobbiamo essere noi giovani a prendere in mano la situazione. Isolare  e denunciare chi ruba e si rende autore di attività criminali. Dobbiamo intestarci la battaglia per la legalità». di Sebastiano Solano

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