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Cgil e stupratoriLe due sentenze chocdella Consulta

La Corte costituzionale riammette la Fiom alle trattative sindacali in Fiat e rende non obbligatorio il carcere per gli indiziati di violenza gruppo

Matteo Legnani
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Martedì 23 luglio potrebbe passare alla storia giuridica d'Italia come il "Consulta-day" per due sentenze sul lavoro e sulla sicurezza che hanno suscitato grandi polemiche e potrebbero lasciare strascichi. la prima riguarda il braccio di ferro tra la Fiat e la Fiom, il ramo metalmeccanico della Cgil. La Consulta oggi ha reso note le motivazioni della sentenza pronunciata lo scorso 3 luglio, quando dichiarò illegittimo l'articolo 19 dello statuto dei lavoratori. Spiegano i supremi giudici che l'articolo, consentendo la rappresentanza sindacale aziendali ai soli sindacati firmatari del contratto applicato in azienda, contrasta coi "valori del pluralismo e libertà di azione della organizzazione sindacale. Nel momento in cui viene meno alla sua funzione di selezione dei soggetti in ragione della loro rappresentatività" e "si trasforma invece in meccanismo di esclusione di un soggetto maggiormente rappresentativo a livello aziendale o comunque significativamente rappresentativo, sì da non potersene giustificare la stessa esclusione dalle trattative, il criterio della sottoscrizione dell'accordo applicato in azienda viene inevitabilmente in collisione con i precetti di cui agli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione". Un successo per la Fiom e un paletto tra le ruote del Lingotto, che ha replicato a stretto giro difendendo la correttezza del suo operato: "Secondo la Corte la rappresentatività deve essere riconosciuta anche a quei sindacati che, pur non firmatari dei contratti, abbiamo comunque partecipato attivamente alle trattative. La Fiat si riserva di valutare se e in che misura il nuovo criterio di rappresentatività, nell'interpretazione che ne daranno i giudici di merito, potrà modificare l'attuale assetto delle proprie relazioni sindacali e, in prospettiva, le sue strategie industriali in Italia". Una velata (neanche tanto) minaccia di lasciare il Paese, con voci che circolano secondo le quali, dopo la fusione con Chrysler, Fiat potrebbe spostare in Olanda il suo quartier generale. Pochi minuti dopo la Consulta si è trovata sul tavolo un ricorso p'resentato dalla sezione riesame del tribunale di Salerno, riguardante un caso di stupro di gruppo. Nel Paese dell'allarme femminicidio, i supremi giudici hanno disposto che le persone che sono gravemente indiziate del reato di stupro di gruppo possono non finire in carcere, qualora sussistano le condizioni per applicare misure alternative alla custodia cautelare in carcere. Secondo la Consulta, i "gravi indizi di colpevolezza" non rendono automatica la custodia in carcere, ma il giudice puo' anche stabilire che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con misure alternative alla detenzione. Nella sentenza, peraltro, la Corte conferma la gravita' del reato, da considerare tra quelli piu' ''odiosi e riprovevoli''. Ma la ''piu' intensa lesione del bene della liberta' sessuale'', ''non offre un fondamento giustificativo costituzionalmente valido al regime cautelare speciale previsto dalla norma censurata''. Alla base del pronunciamento una questione di legittimita' sollevata dalla sezione riesame del Tribunale di Salerno. La Consulta ricorda in sentenza come ''la disciplina delle misure cautelari debba essere ispirata al criterio del 'minore sacrificio necessario ': la compressione della liberta' personale deve essere, pertanto, contenuta entro i limiti minimi indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari del caso concreto". E questo vale anche per il "branco".

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