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L'Italia perde anche Pernigotti:il gianduiotto ora è turco

Il gruppo Averna ha deciso di vendere dopo 150 anni di storia e cinque generazioni

Francesca Canelli
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Dopo il cashmere, anche la cioccolata cambia paese. Lo storico gruppo Pernigotti, produttore dei famosi gianduiotti, passa alla Toksoz, società turca già leader nella produzione di snack dolci. La famiglia Averna decide di vendere dopo 150 anni, e l'Italia perde un altra punta dell'artigianato. Oltre ai gianduiotti, la cioccolateria guadagnava nella vendita di torroni, gelateria e pasticceria.  Il passaggio di palla - Ma evidentemente i boss hanno preferito passare la palla: "Siamo lieti di affidare Pernigotti al Gruppo Sanset della famiglia Toksoz, solido e determinato ad agire in ottica di continuità e sviluppo - si giustificano - Pernigotti, facendo leva sul notevole know how acquisito e sulla complementarietà con Sanset, continuerà il processo di crescita intrapreso in Italia, in Turchia e negli altri mercati internazionali". Dal canto loro Ahmet e Zafer Toksoz, amministratori della Sanset, sono molto soddisfatti: "Siamo fieri di aver acquisito Pernigotti, marchio ricco di storia e fascino che identifica nel mondo la gianduia ed il torrone italiano. Manterremo e potenzieremo l'attuale struttura, sviluppando l'attivita' in nuove e interessanti aree geografiche". Ovviamente, "sfruttando la forza del marchio Pernigotti". La compagnia ha affermato che l'idea è quella di introdurre Pernigotti nel mercato turco così come in altri importanti paesi. Negli ultimi anni Pernigotti ha riscontrato un crescente interesse per i propri prodotti sui mercati internazionali (tra cui Germania, Stati Uniti, America Latina e Cina). Le vendite ammontano a circa 75 milioni, di cui circa 55% nel segmento del dolciario e circa 45% nel segmento degli intermedi per gelato e pasticceria. I precedenti - Ma non è certo l'unico marchio italiano ad essere passato in mani straniere. LVMH ha fatto grandi acquisti nel mercato italiano, comprando tra gli altri Bulgari, Fendi e Pucci, oltre al recente Loro Piana. Solo una settimana fa è diventata francese anche la storica pasticceria Cova a Milano, nonostante l'interesse di Prada (la maison italiana avrebbe ora avviato un'azione legale contro la famiglia Faccioli, proprietaria di Cova). Sempre dalla Francia, l'altro pilastro della moda Kering-Ppr, ha rilevato Gucci, Brioni e Pomellato, mentre Valentino e il Valentino Fashion Group è passato alla Mayhoola for Investment, società del Qatar dello sceicco Hamad bin Kahlifa al Thani. Ma la fuga riguarda anche altri settori: l'Ar Pelati, comprata dalla Mitsubishi, seguita dal brand famoso per lo spumante, Gancia, acquisita da Rustam Tariko. La Lactalis francese ha comprato la Parmalat dopo aver acquisito la Galbani. La Bertolli è stata comprata nel 2008 dagli spagnoli della SOS. insomma, non ce n'è per nessuno, anzi, non ce n'è per gli italiani. La corsa ai ripari - “Nello spazio di dodici mesi - ha denunciato il presidente della Coldiretti, Sergio Marini - sono stati ceduti all'estero tre pezzi importanti del Made in Italy alimentare che sta diventando un appetibile terra di conquista per gli stranieri." Dovremmo invece tutelare i marchi italiani, questa è "una priorità per il Paese, da attuare anche con una apposita task force. Si è iniziato con l'importare materie prime dall'estero per produrre prodotti tricolori. Poi si è passati ad acquisire direttamente marchi storici e il prossimo passo rischia di essere la chiusura degli stabilimenti italiani per trasferirli all'estero". La soluzione, secondo il presidente, sarebbe  "attuare un processo favorito dalla crisi di fronte al quale occorre accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi”. di Francesca Canelli  

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