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Mezz'ora gratis contro la crisi: la Fiom dice no, gli operai ci stanno

Un operaio al lavoro alla Joint&Welding

Azienda del Nordest chiede un sacrificio promettendo di restituire entro fine anno gli straordinari arretrati. Ma i sindacati sono contrari

Alessandro Gonzato
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In tempi di crisi nera, è meglio lavorare mezzora in più al giorno gratis, oppure perdere il posto perché la fabbrica, senza questo sacrificio chiesto ai propri dipendenti, a fine anno rischierebbe di chiudere? La ragione direbbe ai lavoratori di stringere i denti,  rimboccarsi le maniche e nel frattempo sperare che passi la buriana. La Fiom, il sindacato delle tute blu della Cgil, invece la pensa diversamente e definisce «vergognosa, illegittima, pericolosa e intollerabile» la proposta che Edi Dalla Rosa, titolare della Joint&Welding di Sedico - azienda bellunese specializzata nella lavorazione dell'acciaio inox - ha fatto ai propri dipendenti. Sennonché 28 su 30 l'hanno accettata.  Di sicuro non avranno fatto i salti di gioia al pensiero di tornare a casa più stanchi del solito e con lo stesso stipendio, ma piuttosto di rimanerci tutto il giorno a non far nulla per poi mettersi all'affannosa ricerca di un altro posto, hanno ritenuto più sensato accettare le nuove condizioni. Che, peraltro, non è detto rimangano tali per sempre, visto che lo stesso titolare si è premurato di far sapere che se l'azienda, «nonostante un maggio e un giugno disastrosi con perdite di 30mila euro al mese», a fine anno sarà riuscita a risollevarsi, le ore arretrate di straordinario saranno retribuite.  Questo però non conta secondo la Fiom: meglio disoccupati che lavorare 30 minuti in più. «Speriamo che ci sia uno scatto d'orgoglio da parte dei lavoratori» dice il segretario provinciale del sindacato, Luca Zuccolotto. Gli fa eco il collega Benedetto Calderone, che addirittura non osa immaginare «con quali ragioni siano stati indotti a firmare». Quattro dipendenti, aggiunge, gli avrebbero detto di essere stati costretti. Ma con quali mezzi, per ora, rimane un mistero. Poi Calderone prosegue la sua arringa parlando di un comportamento «illegale» da parte del padrone. «Ci appelliamo a Confindustria affinché intervenga subito. È concorrenza sleale nei confronti delle altre aziende». Giusto, meglio tutelare gli equilibri del mercato del lavoro in nome dell'uguaglianza, costi quel che costi, che evitare che una trentina di famiglie siano costrette alla fame. La Fiom è intenzionata a fare il diavolo a quattro purché questo «meccanismo perverso» sia sconfitto una volta per tutte. E naturalmente il sindacato guidato da Maurizio Landini ha già presentato un esposto all'ispettorato del lavoro per andare fino in fondo alla faccenda. Sì, perché è proprio vergognoso, illegittimo, pericoloso e intollerabile che una trentina di lavoratori, pur di mantenere il proprio posto e la propria famiglia, siano costretti a rinunciare a un paio di pause caffè.

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