Province salvate dalla Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale ha bocciato l'unica cosa buona che aveva fatto il governo Monti: il taglio e il riassetto delle Province. La Corte ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale del taglio e del riassetto delle Province contenute nel decreto Salva Italia. La motivazione è squisitamente tecnica: la materia non è da disciplinare con un decreto legge. Le Province infatti sono enti previsti dalla Costituzione (che ha più di sessant'anni) quindi, non si possono cancellare con un decreto legge. Una decisione tecnicamente corretta, ineccepibile che tuttavia, ancora una volta, mette il freno al nostro Paese. Come sottolinea Sergio Rizzo sul Corriere della Sera bisogna ricordare il contesto in cui il decreto Salva Italia vide la luce. C'era da salvare il Paese, c'era il governo tecnico, c'era la necessità "di prendere in poche ore provvedimenti in grado di placaere i mercati resi pazzi dalle furiose spallate della speculazione internazinale". Quelle misure erano urgenti. Condannati all'immobilismo - La sentenza della Corte Costituzionale è l'ulteriore conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che questo nostro Paese è destinato alla paralisi. Ogni decisione, ogni possibilità di cambiamento, è destinata a finire sotto la tagliola della Corte Costituzionale, del Tar o del Consiglio di Stato. Capita per decisioni importanti come il talgio delle Province ma anche per la vendita di un immobile dell'Inps. Nello stesso giorno in cui ha salvato le Province ha dato ragione alla Fiom contro la Fiat. La Consulta ha dichiarato illegittimo l'articolo 19 della Costituzione nella parte che consente la rappresentanza sindacale aziendale ai soli sindacati firmatari del contratto applicato nell'unità produttiva. In pratica, i metalmeccanici della Cgil dovranno essere reintegrati: erano stati "tagliati" a seguito dell'uscita di Fiat da Confindustria e della successiva firma del contratto specifico per l'auto. Recentemente, infine, la Consulta si è pronunciata contro il taglio del dieci per cento degli stipendi dei magistrati perché ledeva l'indipendenza dei giudici. Ma così il Paese non esce dalle sabbie mobili in cui è finito. E' destinato all'immobilismo se ogni volta che cerca di liberarsi di anacronismi, storture si scontra con il veto degli alti magistrati.