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Governo, riforma sulle pensioni: si può andare prima, ma con meno soldi

Da sinistra, Saccomanni, Letta e Giovannini

Il ministro Giovannini rinvia tutto a settembre. Ma Damiano in commissione lavoro dà la sua ricetta: "Chi vuole può ritirarsi in anticipo, ma perde l'8 per cento in busta paga"

Ignazio Stagno
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Il governo tra poco dovrà affontare lo scoglio pensioni. Dove non è riuscita la Fornero dovrà riuscire Letta. Una riforma delle pensioni è nel programma di governo. Ma secondo la tradizione dell'esecutivo, vige la legge del "rinvio". Nessuna decisone sarà presa in tempi brevi (intanto gli esodati aspettano risposte da 1 anno), e le proposte sul tavolo da discutere sono tante. "Abbiamo deciso di rinviare a settembre, quando discuteremo anche con il Parlamento, eventuali modifiche alla legge sulle pensioni", ha spiegato nei giorni scorsi il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. Prima in pensione, meno soldi -  Ma nonostante il rinvio c'è chi prova a proporre la propria ricetta. Quel del Pd è guidata da Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro: "Per intervenire sulle pensioni in modo approfondito è necessario impostare il problema da subito. Il governo sa che esistono proposte di legge già presentate da tutti i partiti, sostanzialmente convergenti". La soluzione per Damiano è semplice: Chi ha 62 anni di età e 35 anni di contributi versati può andare in pensione con una penalizzazione dell'8%.  "Si tratta di una soluzione che recupera un principio di gradualità disatteso dalla riforma Fornero, che ha innalzato bruscamente l'età pensionabile fino a 67 anni. Inoltre, la proposta del Pd prevede per chi ha maturato 41 anni di contributi di andare in pensione indipendentemente dall'età anagrafica e senza penalizzazioni. Questo è un riconoscimento ai lavoratori precoci, che hanno cioè cominciato a lavorare in giovane età svolgendo prevalentemente, per tutta la vita lavorativa, attività manuali ripetitive o faticose".  Troppi costi - Ma l'idea di Damiano avrebbe dei costi troppo alti. Arriva uno stop da Carlo Dell'Arringa, sottosegretario al Lavoro: "La proposta Damiano la considero un'extrema ratio, perché anticipare la pensione comporta dai costi. È vero che si avrebbe come compensazione la garanzia di un maggior ricambio generazionale, ma dovrebbe trattarsi sempre di un'uscita su base volontaria. E comunque dipende dal tipo di penalizzazione: per garantire l'equivalenza di esborsi per il sistema previdenziale, bisognerebbe magari proporre a lavoratore di prendere per tutta la vita 1.000 euro anziché 1.500. Non è facile", In tempi di crisi è difficile che qualcuno molli la spugna in anticipo accettando una pensione più scarna. Così si cercano altre strade.  La ricetta del governo - E Dell'Arringa spiega la ricetta del governo: "Innanzitutto, come ha detto il presidente del Consiglio, Enrico Letta, c'è da affrontare il tema degli esodati; sono 140 mila e devono andare in pensione con le vecchie regole. E bisogna vedere se ci saranno altri gruppi di possibili esodati. Poi bisogna pensare a tutti coloro che magari hanno perso - o potrebbero perdere a causa della crisi - il lavoro dopo la riforma Fornero e che dunque lontani dalla pensione. Per tutti costoro vanno pensate politiche di invecchiamento attivo, con incentivi alle imprese perché possano trattenerli. Non escludiamo neanche la "staffetta generazionale. E gli incentivi alla riassunzione degli over 50, inseriti nell'attuale decreto sull'occupazione, si possono intensificare". Insomma il tema è caldo, ma la soluzione per un riassetto del sistema pensionistico, appare per ora lontana. (I.S.)

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