Cerca
Logo
Cerca
+

Scomparsa Denise Pipitone, assolta la sorellastra Jessica

Jessica Pulizzi

L'accusa era di concorso nel sequestro della bimba di Mazara nel Vallo, scomparsa nel 2004. Due anni all'ex fidanzato per falsa testimonianza

Sebastiano Solano
  • a
  • a
  • a

E' stata assolta Jessica Pulizzi, la sorellastra di Denise Pipitone per parte di padre, accusata di concorso nel sequestro della bimba, sparita nel nulla l'1 settembre del 2004 a Mazara del Vallo, nel trapanese. I giudici, in Camera di consiglio da martedì scorso, hanno emesso il verdetto. All'ex fidanzato di Jessica, Gaspare Ghaleb, imputato solo di false dichiarazioni a pm, i giudici hanno inflitto due anni di reclusione. La procura aveva chiesto per lui 5 anni e 4 mesi. Per Jessica Pulizzi, invece, la richiesta dei pm era stata 15 anni di carcere, il massimo della pena previsto per questo tipo di reato. L'inizio del processo - Il processo si era aperto il 16 marzo 2010 dopo una lunga e complessa attività d'indagine in cui negli anni si sono susseguiti undici Pm, da Luigi Boccia e Maria Angioni agli attuali Sabrina Carmazzi e Francesca Rago. Il quadro tracciato dall'accusa in tre anni e mezzo di dibattimento è quello di un Jessica "come una moglie gelosa", senza alibi e con un movente chiaro: l'astio nei confronti di Piera Maggio per la sua relazione con il padre, Pietro Pulizzi, da cui è nata Denise. Dall'altro, la difesa ha continuato a sostenere l'innocenza di Jessica a carico della quale non ci sarebbero "prove" ma solo "congetture ed elementi indiziari".   Le prime ore della scomparsa - E' un mercoledì mattina il primo settembre del 2003, quando Denise, che ha quattro anni, gioca davanti alla casa della famiglia in via Domenico La Bruna a Mazara. E' affidata alla nonna materna, Francesca Randazzo. L'ultima volta che la bambina viene vista è poco prima delle 11,45. La nonna, in cucina, si accorge della sua scomparsa alle 11,50. Scatta l'allarme, e seguono ore di ricerche febbrili ma infruttuose, malgrado nuclei speciali di polizia e carabinieri e unità speleologiche battano a setaccio ogni anfratto, pozzo e cava di marmo. La Procura di Marsala è guidata in quegli anni da Antonino Silvio Sciuto, a cui subentrerà poi Alberto Di Pisa. Sciuto si dice subito convinto che "la bambina non sia lontana". Si punta l'attenzione sulla famiglia Maggio-Pipitone. Piera Maggio, ascoltata il 3 settembre, dagli inquirenti con il marito Tony Pipitone, rivela la verità sulla paternità di Denise e racconta dei presunti atti persecutori contro di lei da parte di Jessica e della madre Anna Corona. Le intercettazioni sospette - A poche ore dalla scomparsa i carabinieri giungono in quella che credono la casa di Corona, in via Pirandello ma solo nel corso del processo emergerà che l'abitazione visitata era in realtà quella della vicina di casa, Giacoma Pisciotta. L'11 settembre 2004 Jessica, ascoltata nel commissariato di polizia di Mazara assieme all'ex fidanzato Gaspare Ghaleb, viene intercettata mentre dice alla madre "Quannu ero cu Alice? a pigghiai e a casa c'ha purta" (Quando ero con Alice... ho preso e a casa gliela ho portata). Una frase indicata dall'accusa come "una confessione". Due mesi dopo il rapimento, il 24 novembre, due uomini vengono intercettati vicino allo scooter di Jessica. Uno dice "Va pigghia a Denise. Ma Peppe chi ti rissi? D'unni la ha purtare? (Vai a prendere Denise. Ma Peppe che ti ha detto? Dove la devo portare?). E l'altro risponde: "Fora" (Fuori).  La pista dei rom - Intanto le indagini, inseguendo varie segnalazioni, vagliano anche le ipotesi esoterica, pedofila, tunisina e dei rom. Spunta il video di una bambina, di cui si perdono le tracce, somigliante a Denise e ripresa nell'ottobre del 2004 dalla guardia giurata di Milano Francesco Grieco. Tutte le piste, eccetto quella familiare, vengono via via escluse perchè ritenute senza riscontro.   Un'altra "finta verità" affiora nel 2007. Il pluriomicida Giuseppe D'Assaro, ex marito della sorella di Pietro Pulizzi, dichiara che la piccola, portata a Villagrazia di Carini (Palermo), sarebbe morta per una dose di tranquillanti e gettata in mare. Escusso come teste nel processo il 25 maggio 2011, D'Assaro però ritratta minando la sua attendibilità I primi rinvii a giudizio - Nel 2010 arrivano i rinvii a giudizio per Jessica e per Ghaleb, accusato solo di false dichiarazioni al pm. Parallelamente al processo, si sviluppa l'inchiesta in cui sono indagati Anna Corona e altri: di questo procedimento, la Procura ha già chiesto l'archiviazione e si attende la decisione del Gip. Nel corso processo hanno deposto decine di testimoni, in maggioranza familiari e gli amici dei protagonisti della vicenda. Tra loro, Francesca Adamo, ex collega di Anna Corona all'hotel Ruggero II a Mazara. Ha detto di essere stata lei, il giorno del rapimento, a segnare, per conto di Anna Corona, orario di uscita (ore 15) e firma nel registro dell'albergo. Circostanza che fa desumere che la madre di Jessica abbia lasciato prima lo hotel quella mattina. Ma i Pm hanno richiesto la trasmissione degli atti per l'ipotesi di falsa testimonianza a carico della Adamo. Un'audizione fiume, durata per cinque udienze, quella del consulente informatico dell'accusa Gioacchino Genchi, chiamato a illustrare il contenuto delle intercettazioni, che costituiscono il centro dell'inchiesta. Secondo Genchi, cui "l'insuccesso dell'indagine è dipeso al  70-80 per cento dall'insuccesso delle intercettazioni di Stefania Letterato" (amica di Anna Corona che ne usava il telefono, nonchè fidanzata e poi moglie dell'ex vice dirigente del commissariato di Mazara del Vallo, Antonio Sfamemi). Falsi avvistamenti - Jessica ha reso dichiarazioni spontanee lo scorso 19 febbraio confermando "l'antipatia" per Piera Maggio, celata in un primo tempo, e fornendo alibi in parte smentiti da altri testi. Incongruente la deposizione della nonna materna di Jessica, Antonietta Lo Cicero, che ha raccontato di una telefonata delle 12,17 del primo settembre (ricevuta quindi prima che si diffondesse la notizia del sequestro) in cui le veniva detto di andare dalle nipoti Jessica e Alice "perchè era successo qualcosa". A questa sarebbe anche sfuggita la frase, notata dall'avvocato Frazzitta: "Quando l'hanno trovata...".  Dalla testimonianza di Lo Cicero è scaturita un'attività d'indagine della parte civile che ha condotto a un nuovo testimone: Battista Della Chiave, un sordomuto di 74 anni che ha sostenuto di aver visto Denise subito dopo il rapimento in un magazzino di via Rieti, a Mazara, in braccio al nipote, Giuseppe Della Chiave, compagno di Loredana Genna, amica di Corona. Gli atti restano fuori dal processo, ma la Procura apre una terza indagine a carico di Giuseppe Della Chiave. Lo zio, nell'incidente probatorio dell'11 giugno scorso, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Maggio, tramite il suo legale, ha chiesto alla Procura generale della Corte d'Appello di Palermo l'avocazione delle due indagini parallele sul sequestro della figlia. 

Dai blog