L'abbraccio di Libero all'eroe Giangrande
Il direttore Belpietro consegna i primi 300mila euro donati dai lettori. "Grazie per quel che fate per me e mia figlia"
Quando il direttore di Libero Maurizio Belpietro ieri mattina è giunto nella clinica di Montecatone, per incontrare Giuseppe Giangrande e consegnare i primi 300mila euro donati dai nostri lettori, è stato accolto dalla figlia Martina, dai tre fratelli della moglie del brigadiere, scomparsa alcuni mesi fa, dal comandante provinciale di Bologna e dal maresciallo Bruno, comandante della Stazione dei Carabinieri di Imola, punto di riferimento della figlia di Giangrande. Ex sanatorio, la clinica è diventata un importante Centro per la Riabilitazione, il più grande d'Italia, come spazi e come mezzi. Al terzo piano, in una stanza dalle pareti bianche c'è Giuseppe, seduto su un lettino. Il capo reclinato, lo sguardo sorpreso e riconoscente. È bello Giangrande, molto più di come appare nelle foto, anche se ha perso dodici chili, anche se continua a soffrire: «Ringrazio la sua testata» ha detto a Maurizio Belpietro «sono grato per tutto ciò che ha fatto per mia figlia e per me. E ringrazio anche tutte le persone che in questo momento di crisi e con tutti i problemi che ci sono, si sono tolti del danaro per darlo a me». Il direttore di Libero ha guardato Giangrande con affetto, come si guarda un amico ritrovato. Per un giornalista che attraverso il suo editoriale si batte con lealtà e coraggio contro le ingiustizie, quel brigadiere ferito a Montecitorio rappresenta un uomo da salvare, a tutti i costi: «Sono stati in tanti a voler partecipare alla mia richiesta» ha sottolineato il direttore «anche con soli cinque euro. Costava quasi più il bonifico, e in quel caso si parlava di sacrifici. Ora le prometto che continueremo a tenere aperta la sottoscrizione». Per le vostre donazioni: Editoriale Libero srl, causale: Libero pro brigadiere ferito, IBAN: IT39 A 03069 09451 100000000890 Martina era lì, come sempre: «L'incontro tra papà e il direttore è stato emozionante» ha confessato «ha consolidato questa grande solidarietà, l'ha resa concreta. Quanto male è accaduto, quanto dolore ancora da superare. Prima della sparatoria lavoravo in un centro dove si organizzavano feste ed eventi per bambini. Ora non posso farlo, devo pensare a lui. Ma quando papà starà meglio riprenderò il lavoro. Ora i bambini li amo di più, mi fanno sentire tranquilla. Non hanno quella cattiveria che possono avere improvvisamente certi adulti. Oggi ho visto papà contento, se lo è lui, lo sono anche io». Mentre il responsabile Area critica e Terapia intensiva della clinica Gian Piero Belloni ci ha detto: «Giuseppe sta facendo il suo percorso riabilitativo a seguito della lesione midollare. Ci vuole tempo per vedere dei buoni risultati». Intanto noi abbiamo raccolto le sue le prime dichiarazioni. Giangrande, come va? «Prima o poi di qui tutti si scappa, ma per me è lunga, lo so già. Sto facendo il percorso riabilitativo e devo avere molta pazienza. Ma il mio obiettivo è di rimettermi in asse». Tutta colpa di quello che è accaduto domenica 28 aprile davanti a Palazzo Chigi... «Non me lo sarei aspettato neanche io, si vede che doveva essermi fatale. Ma se i colpi sparati andavano tutti a segno sarebbe accaduta una carneficina. Ora vediamo come interviene la giustizia». Cosa ne pensa di Preiti? «Bisognerebbe aprire quella mente bacata e capire il vero motivo per cui ha sparato. Dico così perché non è un matto. Il pazzo è quello già riconosciuto come tale, e questo matto non è». Cos'è per lei la legge? «È tutto! Ma bene o male siamo persone normali a cui piace rispettare la divisa. Un abito che dopo tanti anni di servizio fa parte del tuo quotidiano». Anche l'Arma dei Carabinieri le è stata molto vicino? «Dal comandante generale Gallitelli a tutti i carabinieri. Si sono prestati ad aiutare mia figlia Martina, con quella semplicità e quella chiarezza che non ti fa sentire solo». Cosa pensa di sua figlia? «È stata una grande ragazza. Ha saputo affrontare questi terribili momenti con grinta. Non me lo aspettavo, anche se sono sempre stato convinto che se le cose si impostano bene, qualcosa di buono accade. È cresciuta in fretta Martina». Le aveva promesso di portarla una settimana in vacanza a Parigi... «Sì, lo avevo promesso. Potevamo partire a settembre... ma non è possibile. Lo farò più avanti, ho fiducia, sono uno che tenta sempre di raggiungere i suoi obiettivi. Anche se questa volta non dipende da me».