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La Rai coi conti in rossoassume altri 200 dipendenti

Nonostante un "buco" di 244 milioni nel 2012, Viale Mazzini cerca apprendisti. Per loro mini-stipendio da 800 euro. Per le casse della tv pubblica una spesa inutile

Antonio Castro
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Apprendisti di tutta Italia (o aspiranti tali)  tenetevi forte. La Rai, radio televisione italiana, nonostante i 244 milioni di buco (2012), nonostante il piano di incentivazione  all'esodo esteso fino a luglio (600 uscite volontarie, spesa 50 milioni), conta di assumere altri 200 dipendenti già a partire da giugno. Piccolo particolare: bisogna aver compiuto almeno 18 anni e non aver superato i 29, perché altrimenti l'azienda di Stato non potrebbe accedere agli sgravi previsti dalla legge.  Ma c'è di più. Il direttore generale Luigi Gubitosi, dall'alto dei suoi 650mila euro di stipendio annuo lordo, ha contrattato a maggio con i sindacati anche i salari d'ingresso di questa nuova leva di tecnici da formare. L'accordo  prevede che gli apprendisti di Mamma Rai entreranno, se diplomati, in 7^ Classe con l'iperbolica retribuzione di 870 euro e 49 centesimi. Dopo 3 anni di apprendistato (36 mesi in cui la Rai paga una miseria di contributi, sempre che non riesca a spuntare dal Tesoro un'incentivazione modello Fornero), il nostro apprendista balzerà in 5^ Classe con uno stipendio di ben 1.028 (e 8 centesimi). Tralasciando il fatto che a Roma e a Milano (ma anche a Firenze come a Campobasso), con 800 euro al mese si rasenta la soglia di povertà Istat, c'è da chiedersi se la mensa della Caritas ospiterà per i pasti e il pernottamento i 200 “fortunati”.  Il caso delle 200 assunzioni è emblematico delle future scelte della dirigenza Rai. Al settimo piano di viale Mazzini Gubitosi e il presidente Anna Maria Tarantola (stipendio annuo lordo autoridotto di 366mila euro), hanno letto i conti e stabilito che l'azienda non può andare avanti così. Troppo vecchia e troppo costosa. È  partito quindi, qualche mese fa, un portentoso piano di prepensionamenti (il 18 giugno in mattinata è previsto l'ennesimo round sindacale a Unindustria Roma), con un budget per incentivare l'uscita di chi ha i requisiti per la pensione di ben 50 milioni di euro. Sembra una follia appesantire il conto economico 2012 spendendo altri milioni per ridurre il personale.  Il problema è che il personale a tempo indeterminato Rai ha stipendi alti e una lunga serie di benefit stratificati nel tempo. I signori dei numeri di Viale Mazzini - alle prese con oltre 500 milioni annui di evasione del canone (stime), un crollo della pubblicità e ben  36mila collaboratori da mantenere - hanno deciso di svecchiare la Raie ridurre i costi per salari. A cominciare, però, da quelli dei neo assunti, che entrando con meno di 900 euro al mese, certo non faranno la vita da nababbi, ma forse faticheranno ad arrivare alla seconda settimana.   I conti traballanti e le prospettive del mondo editoriale (nel complesso) sono preoccupanti. Giusto l'altro ieri Palazzo Chigi ha annunciato un piano di incentivi al pensionamento e di sgravi alle nuove assunzioni per provare a stoppare il declino del sistema informativo italiano. La chiusura in 48 ore della Tv greca ha fatto emergere timori e vecchi progetti. Vendere la Rai, cedere i bocconi più appetibili, o riformarla? «Ma c'è la volontà politica di riformarla?», si domanda il segretario dell'Usigrai, Vittorio di Trapani, intercettato all'ambasciata di Grecia mentre manifesta solidarietà ai colleghi ellenici. «Volendo si può arrivare ad una profonda riorganizzazione», propone Di Trapani, «e non è neppure un tabù discutere la razionalizzazione delle testate». Tradotto: la riorganizzazione delle testate (Tg1, Tg2, Tg3, ecc) vuole dire che «va ridefinita la missione delle testate. E superata la  vecchia idea della ripartizione partitocratica. Insomma, bisogna rivedere la missione e il  target». Un progetto pilota è forse quello dell'accorpamento di RaiNews24 con Televideo (ieri il “sì” in Cda), però «è fondamentale l'accorpamento dell'area web», mette le mani avanti il segretario dei giornalisti Rai.  Di Trapani è un esperto sindacalista. Sa bene che in Rai la politica “pesa” e per farla pesare un po' meno propone da tempo che per entrare a lavorare alla tv di Stato si passi attraverso un concorso nazionale. «In Rai», scandisce, «si deve entrare con selezione pubblica». Il modello è quello del 2008 per la sezione di 70 giornalisti (per  “Buongiorno Regione”). Peccato che i vincitori del concorso degli anni Novanta abbiano poi dovuto far causa per essere inglobati nella macchina redazionale, ma queste sono miserie del passato.  C'è poi il macigno dei contrattisti che lavorano per le testate da anni con contratti a termine o non giornalistici. La soluzione è lenta e prevede il progressivo assorbimento e la garanzia di contratti lunghi ripetuti, nell'attesa del tesserino celeste (tempo indeterminato). «È un problema che ci portiamo dietro da anni. Però nel 2005 i contratti a tempo determinato erano 560. Oggi sono meno di 200».  E sull'eventuale vendita? «Vendere non ha senso. Serve invece un'idea e un progetto. Però, soprattutto, serve la volontà politica per mettere in equilibrio e rilanciarla la Rai in vista del 2016 quando dovrà essere rinnovata la concessione di servizio pubblico. Basta volerlo. Noi siamo pronti...», garantisce Di Trapani.  A Montecitorio, Palazzo Chigi, e forse Viale Mazzini, un po' meno. O hanno altre mire... di Antonio Castro

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