Sentenza Cucchi, Cancellieri: "Solidarietà ai familiari, dolore non lenito". Manconi: "Giovanardi, taci"
La condanna dei medici ma non degli agenti penitenziari per la morte del giovane nel 2009 fa discutere. Ministro "superpartes", Pd e Pdl polemici
Dolore e polemiche, anche politiche. Il giorno dopo la sentenza della terza corte d'assise di Roma sulla morte di Stefano Cucchi, con la condanna dei medici e l'assoluzione di infermieri e agenti penitenziari, il clima è ancora tesissimo. Per questo il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ha commentato la vicenda da una posizione di "donna delle istituzioni", evitando di "entrare nei giudizi dell'operato della magistratura". Il terreno è minato, da una parte (quella dei giudici) e dall'altra (la famiglia di Cucchi, che grida allo scandalo e al "fallimento della giustizia"): "Posso solo esprimere una grandissima solidarietà, questo sì. Sono consapevole che quel dolore è un dolore che nessuno ha lenito", le parole misuratissime della Cancellieri. La morte, la ricostruzione, la sentenza: la storia di Stefano Cucchi Mercoledì sera, dopo la sentenza, il senatore Pdl Carlo Giovanardi aveva esultato: "Il tempo è galantuomo e ha fatto giustizia di pregiudiziali ideologiche, enfatizzate dai media, che attribuivano responsabilità agli agenti di custodia per un pestaggio mai avvenuto". "Purtroppo, come ho detto fin dall'inizio, le problematiche del povero Stefano Cucchi avrebbero dovuto trovare maggiore attenzione da parte di chi era tenuto a contrastare la sua presunta volontà di non volersi né nutrire né curare". "Giovanardi ha perso, per l'ennesima volta, una buona occasione per stare zitto - l'ha attaccato il senatore del Pd Luigi Manconi, da tempo al fianco della famiglia Cucchi nella loro battaglia legale -. Il tribunale non ha detto affatto che il pestaggio di Stefano Cucchi, nelle celle del Palazzo di Giustizia, non sia mai avvenuto. Ha detto, invece, che Stefano Cucchi è stato sì picchiato, ha subito lesioni e violenze, ma la Procura non è stata in grado di esibire prove sufficienti per individuare i responsabili. Ma la sentenza è grave per altri motivi ancora: in particolare perché riduce una tragica vicenda di un giovane uomo passato attraverso 11 istituzioni dello Stato, tra caserme e celle, ad un ordinario caso di malasanità".