Quando il picconatore Kabobotirava pietre ai poliziotti
Il killer era già noto alle forze dell'ordine: partecipò a una rivolta di immigrati a Bari. Nei tafferugli rimasero feriti 35 poliziotti
In Italia: illegalmente. Questa è la verità su Mada Kababo, clandestino dalla storia giudiziara già nota, che pochi giorni fa ha colpito e ucciso a picconate tre uomini a Milano. Il ghanese, giunto in territorio italiano clandestinamente, aveva inizialmente ottenuto istanza per asilo politico e di conseguenza, come la legge prevede, un permesso di soggiorno temporaneo. Un ricorso e l'africano diviene elemento inespellibile. Il Corriere della Sera rende note le vicende che nel 2011 fecero conoscere, per la prima volta, Kabobo alle forze dell'ordine. Erano le prime luci dell'alba quando, due anni fa, il macchinista di un treno diretto a Brindisi trovò i binari occupati da un gruppo di uomini del Centro Africa. Si trattava di circa 200 clandestini del Cara di Bari (Centro Accoglienza richiedenti Asilo) in piena rivolta contro i militari. Tra quei volti c'era anche Kabobo, tra coloro che lanciarono pietre e sassaiole (ferendo 35 poliziotti) c'era anche l'uomo che - a distanza di 24 mesi - si sarebbe trasformato in carnefice. Auto distrutte, lanci di bottiglie, due linee ferroviarie bloccate e il macchinista del treno "sequestrato". La protesta - Durante questi avvenimenti l'allora 29enne killer con il piccone, viene per la prima volta immortalato in una fotografia - pubblicata due giorni fa dalla Gazzetta del Mezzogiorno - mentre, insieme ad altri irregolari, mette in atto la protesta. Jeans, tshirt bianca, mano portata alla bocca: è fermo e osserva la scena. Intorno a lui uomini incappucciati e armati di bastone. I fatti raccontano che quel giorno gli agenti della Polfer di Bari lo seguirono mentre, insieme ad un altro ragazzo, abbandonava il campo di battaglia per far ritorno al centro di accoglienza dove soggiornava. Fu identificato e bloccato ma comunque lasciato in libertà. Il suo nome finì, insieme a quello di molti altri, nell'indagine guidata da Michele De Tullio, che ora costituisce la base del processo in cui Kabobo è imputato per resistenza, resistenza e ulteriori reati. L'avvocato - Oggi ad anni distanza Mada è il responsabile di una strage cruenta e feroce. Le avvisaglie c'erano ma nessuno pensava potesse arrivare a tanto. Così, per lo meno, racconta Marco Grattagliano, avvocato che seguì legamente Kabobo dopo la rivolta del 2011: "Era una persona in stato di prostrazione, ma non dava assolutamente segni di un deficit psichico o di qualche squilibrio. Grazie all'aiuto di un interprete riuscì anzi a spiegarsi piuttosto chiaramente e a ricostruire i fatti, tanto da giustificarsi, dichiarandosi estraneo a ciò di cui veniva accusato". Si giustificò allora Kabobo, così come con "le voci nella testa" ha fatto oggi, di fronte ai carabinieri del Nucleo radiomobile di Milano. E' stato lo stesso uomo infatti a raccontare - sotto interrogatorio - che era sua abitudine fumare droghe e bere, molto, alcol. Forse anche la mattina del massacro diede sfogo ai suoi vizi perché così Kabobo ha dichiarato: "Quando fumo droga le voci che sento nella mia testa sono molto più forti, molto più nitide". Peccato però, che gli esami tossicologici post strage siano risultati negativi: nessun stupefacente era presente nel suo sangue.