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Tasse, senza un governo a luglio aumenta anche l'Iva

Primo effetto della melina di Bersani: l'aumento dell'imposta sui consumi dal 21 al 22% non ce lo toglie più nessuno

Giulio Bucchi
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  di Francesco De Dominicis Mentre a fatica (e forse con un'altra mazzata fiscale) il Governo sblocca i pagamenti alle imprese, i contribuenti italiani si preparano al salasso d'estate.  Tra i tanti dubbi su fantomatici rinvii e ipotetiche sterilizzazioni fiscali, sembra farsi strada una certezza: l'aumento dell'Iva dal 21% al 22% previsto per luglio non ce lo toglie nessuno. E se volete rintracciare un «colpevole», basta prendere l'elenco telefonico e cercare alla voce Bersani Pier Luigi. Professione: segretario Pd e premier più o meno incaricato di trovare una maggioranza parlamentare.  Di là dal giudizio squisitamente politico, è chiaro che Bersani ha una enorme responsabilità. Quella di aver drammaticamente allungato i tempi per la formazione di una maggioranza chiara e quindi la nascita di un nuovo Esecutivo. L'impasse politico-istituzionale è legata anche alle scelte del leader del centro sinistra. E si tratta di una impasse che le famiglie e le impresa pagheranno a caro prezzo. Non tanto, per lo spread tra btp italiani e bund tedeschi (che ieri è addirittura calato a 331 punti), quanto per l'inasprimento fiscale in arrivo a stretto giro. E in cima alla lista c'è la tassa sui consumi, già salita dal 20% al 21% l'anno scorso. Durante la campagna elettorale si sono sprecate le promesse sullo stop al 22%. Financo il Governo di Mario Monti ha avanzato qualche ipotesi di sterilizzazione o rinvio. Tuttavia, ora lo stesso Monti si trova con le mani legate. Perché quel punto in più di Iva vale 4 miliardi di euro e per annullare la corsa dell'aliquota serve una copertura finanziaria pesante. Copertura da trovare o con altri inasprimenti o con tagli alla spesa pubblica. Due strade che richiedono non solo ampi poteri (e Monti è dimissionario), ma anche una sponda del Parlamento non facile da trovare.  Peraltro, lo stato di salute delle finanze statali non è dei migliori. Anzi. Proprio ieri i dati del ministero dell'Economia indicano un peggioramento sul fronte del fabbisogno, cresciuto a marzo a   circa 21,4 miliardi di euro, rispetto a un fabbisogno di 17,8 miliardi di un anno fa. Di là dalle ragioni fornite da via Venti Settembre (sono serviti più quattrini per operazioni «una tantum»: rimborsi in conto fiscale,  maggiori erogazioni alle Ferrovie spa e a più elevati pagamenti di interessi sul debito) resta la coperta corta. Talmente corta che, per far fronte all'operazione debiti della Pubblica amministrazione da 40 miliardi di euro (20 miliardi nel 2013 e 20 nel 2014 miliardi) non è da escludere una manovra correttiva sui conti pubblici, magari a luglio. Altro che rinvio al 2014 della Tares. Meglio prepararsi a un altro salasso d'estate.  twitter@DeDominicisF  

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