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Ecco chi trema in curiaora che c'è Papa Francesco

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Josè Mario Borgeglio non ha ancora scelto il suo staff di fiducia: l'ondata rinnovatrice del nuovo Pontefice potrebbe spazzare via i vecchi nomi

Andrea Tempestini
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  di Andrea Morigi Al fianco di Papa Francesco rimangono il nuovo prefetto della Casa Pontificia, monsignor Georg Gænswein e anche l'altro segretario di Papa Benedetto XVI, il maltese monsignor Alfred Xuereb. Insomma, non ha ancora selezionato un suo staff di fiducia. Ma lo sanno tutti, in Vaticano, che c'è da attendersi lo spoils system. Per orientarsi, intanto, si cerca di leggere fra le righe del comunicato con cui la Sala stampa della Santa Sede dà notizia della riconferma di tutti capi e membri dei dicasteri della Curia Romana, come pure i segretari nonché il presidente della Pontificia Commissione dello Stato della Città del Vaticano, i quali, si legge, «proseguono provvisoriamente nei rispettivi incarichi donec aliter provideatur», cioè fino a quando non si provveda altrimenti.  In parte, è la consuetudine. Con una lieve differenza. Nel 2005, nel secondo giorno del suo Pontificato, anche Benedetto XVI aveva deciso una riconferma pro tempore dei capi dicastero, ma in quel caso il comunicato vaticano citava espressamente l'allora segretario di Stato Angelo Sodano. Stavolta, invece, è una precisazione della Sala stampa a sottolineare che, come stabilito dalla Pastor Bonus di Giovanni Paolo II, la Segreteria di Stato fa parte dei dicasteri della Curia Romana, quindi nella riconferma dei capi dicastero «rientra anche il Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone». Il quale, tuttavia, ha 78 anni e tre mesi.  Il suo predecessore, il cardinale Angelo Sodano, si era dimesso il 22 giugno 2006, all'età di 78 anni e sette mesi. Manca poco, insomma. Giusto «un certo tempo per la riflessione, la preghiera e il dialogo, prima di qualunque nomina o conferma definitiva», che «il Santo Padre desidera riservarsi», spiega la nota vaticana.  GLI ESERCIZI SPIRITUALI Quel che molti temono è il criterio con il quale il Papa gesuita intende procedere. A giudicare dalla sua cultura, orienterà le proprie scelte in base agli Esercizi spirituali di sant'Ignazio di Loyola. Le prime avvisaglie della nuova stagione si sono avvertite con i riferimenti al demonio. Dietro l'esplicito riferimento a Léon Bloy, si ritrova la meditazione sui due stendardi, nella quale «Cristo chiama e vuole tutti sotto la sua bandiera e Lucifero al contrario sotto la sua» e l'esercitante è chiamato a «chiedere conoscenza degli inganni del cattivo capo e aiuto per guardarmene; e conoscenza della vita vera che il sommo e vero capitano indica e grazia per imitarlo». Due campi opposti, dunque, e non tre. Gli ignavi sono fuori. Lo stesso vale per il richiamo al francescanesimo, che sant'Ignazio aveva riformulato in una considerazione sull'umiltà perfettissima, che induce, «per imitare e assomigliare più attualmente a Cristo nostro Signore», a preferire «piuttosto povertà con Cristo povero che ricchezza, piuttosto ignominie con Cristo pieno di esse che onori», e il desiderio «più di essere stimato insensato e folle per Cristo, il quale per primo fu ritenuto tale, che saggio e prudente in questo mondo». Così, anche nella struttura del “potere”, Papa Bergoglio non dimenticherà certo le considerazioni del suo fondatore sulle tre categorie di persone. Tutta buona gente, cattolica e magari devota, che però, davanti a una somma di «diecimila ducati» guadagnati «non puramente o pienamente per amore di Dio», si comporta in modo diverso. L'ideale è che «quando noi sentiamo affetto o ripugnanza contro la povertà attuale, quando non siamo indifferenti alla povertà o alla ricchezza, per spegnere tale affetto disordinato giova molto chiedere nei colloqui (sebbene sia contro la carne) che il Signore lo scelga nella povertà attuale; e questo egli vuole, chiede e supplica a condizione che sia di servizio e lode di sua divina bontà». Se la griglia per individuare i collaboratori del Vicario di Cristo si configurasse sulla cosiddetta «indifferenza ignaziana», e non solo in base all'esperienza e alle capacità o ai legami con cordate di potere, non si tratterebbe soltanto di una riforma. Sarebbe la svolta definitiva. Lo sperano soprattutto all'interno di quella porzione della Curia non toccata dagli scandali. RIPARTONO I VELENI I dossier su Vatileaks, raccolti su incarico di Papa Benedetto XVI da una Commissione cardinalizia, si riveleranno utili alla prima scrematura. Ma per risistemare lo Ior e le istituzioni finanziarie vaticane, non si potrà agire con piglio rivoluzionario. Non tutti sono stati coinvolti, ma alcuni sembrano già bruciati in partenza. A cominciare da monsignor Carlo Maria Viganò, attuale nunzio a Washington, che quando era presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, aveva denunciato per primo l'esistenza della lobby gay fra le mura vaticane. Ieri, dalla pagine del Corriere della Sera, è stato suo fratello Lorenzo, anche lui sacerdote, a lanciargli il primo siluro, accusandolo di aver mentito in una lettera al Papa. Per la successione al governatorato, nel 2011 Benedetto XVI aveva scelto il piemontese monsignor Giuseppe Bertello, già nunzio apostolico in Italia, creandolo poi cardinale il 18 febbraio 2012. E con quella nomina aveva fatto capire che la fiducia del Pontefice era stata ben riposta.  Numerosi altri fedelissimi del Papa emerito, fra cui il cardinale canadese Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi dal 2010, che ieri ha confidato alla stampa del Québec di essersi sentito sollevato quando nel Collegio dei cardinali non ha più udito risuonare il suo nome. Di fronte alla nouvelle vague  pontificia, tuttavia, varrà poco insistere e proporsi come l'uomo adatto per l'incarico di fiducia. Intanto si fa avanti l'arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, diplomatico di antica data. Annuncia di aver invitato nella sua diocesi il Papa, il quale «mi ha detto che valuterà, confidandomi di avere una zia a Castellammare di Stabia». Conta sul fatto di averlo già invitato un anno fa, quando non se ne prevedeva l'elezione. Ma sul suo conto pesano gli stretti rapporti di collaborazione con Angelo Balducci, che nel 2010 gli sono costati un'iscrizione al registro degli indagati per corruzione nell'ambito dell'inchiesta sul G8. E d'ora in poi si valuta l'aspirazione alla santità, non al potere.  

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