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Conclave, occhio agli outsider: un Wojtyla giallo contro il Satana cinese

Il cardinale John Tong Hon

Come il polacco fece crollare l'impero sovietico, oggi per battere il nuovo nemico ateo la Chiesa potrebbe puntare su un cardinale dagli occhi a mandorla

Giulio Bucchi
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  di Caterina Maniaci Ci siamo, il Conclave inizia, i fedeli attendono con ansia, i mass media impazzano - e impazziscono - alla ricerca di un dettaglio, di un gesto, di una mezza parola che possa permettere di dichiarare: ecco, sarà lui il nuovo Pontefice. In realtà i nomi in pole position da settimane sono più o meno sempre gli stessi. Ma forse, a questo punto, sarebbe bene ricordare che in azione c'è sempre l'incognita outsider, ossia il nome che non ci si aspettava, quello che in pochi conoscono, magari impronunciabile, scandito durante l'annuncio ufficiale, dopo quel «habemus papam» universalmente atteso. Come accadde quel 16 ottobre 1978, quando il mondo apprese che il nuovo Pontefice era il cardinale Karol Wojtyla. Per i credenti, lo Spirito Santo ispira le scelte più giuste, spesso lontane dalle logiche umane e ricche di sviluppi imprevedibili. Guarda le foto della Messa dei cardinali prima di entrare in Conclave Guarda il video della Messa  Guarda il video della fila in piazza San Pietro Come accadde proprio con la scelta caduta nel 1978 su un cardinale polacco,  destinato a diventare uno dei massimi artifici dello smantellamento della Cortina di ferro e persino dell'Unione sovietica, in questa prospettiva il vero outsider potrebbe arrivare dalla Cina. I rapporti con la superpotenza cinese sono uno dei dossier più caldi e difficili che il nuovo Papa dovrà affrontare: la sfida continua tra la Chiesa cosiddetta sotterranea e quella patriottica, la prima riconosciuta e fortemente sostenuta dal Vaticano, la seconda contrapposta dal governo di Pechino. E si ricordi che molti sacerdoti che non si allineano sono finiti in carcere. E oggi, per la prima volta nella storia della Chiesa, tra i 115 elettori c'è proprio un cardinale cinese. È stato tra gli ultimi ad arrivare a Roma, John Tong Hon, vescovo di Hong Kong. Un cattolico di seconda generazione (i suoi nonni non erano battezzati), che nel 1997 giocò un ruolo importante nei negoziati sulla ri-annessione di Hong Kong alla Cina. Nel giorno delle dimissioni di Benedetto XVI, in Vaticano è arrivata una lettera firmata da un gruppo di cattolici cinesi, in cui lo si ringrazia per i tanti gesti di distensione nei confronti del governo comunista di Pechino. E si augura che anche il suo successore prosegua sulla stessa strada. Anche  il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, di madre cinese, potrebbe rappresentare il «volto nuovo» capace di rappresentare la visione davvero universale della Chiesa, il suo impegno di evangelizzazione verso il terzo e quarto mondo. Verso l'Asia e il gigante cinese. Tra gli ultimi ad arrivare a Roma per il Conclave  c'era anche l'arcivescovo di Ho Chi Minh City (ex Saigon), in Vietnam, Jean-Baptiste Pham Minh Man. Rappresenta una delle chiese martiri di questo secolo e potrebbe essere davvero una scelta capace di rompere tutti gli schemi e le grandi manovre per l'elezione del Pontefice. Fra i favoriti della vigilia campeggiano i nomi del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, e quello di Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo del Brasile. Di Scola si sa praticamente tutto. Anche su Scherer si sono versati fiumi d'inchiostro. Basterà ricordare che un Papa che arrivi dal continente latino-americano sarebbe un segnale per i milioni di fedeli che qui si contano, in particolare proprio in Brasile, dove però si sta verificando un progressivo allontanamento dalla Chiesa romana, mentre avanzano le sette e i movimenti religiosi «di contestazione». E gli statunitensi? Per il momento riscuotono la simpatia della stampa e di tantissimi fedeli. Rimarrà negli annali la battuta del cardinale Timothy Michael Dolan, il quale ha detto che se rimarrà a Roma chiederà di ricevere dagli Usa del  burro di arachidi, visto che in Italia non si trova.  

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