Divorzio, Sacra Rota low cost: corsa per annullare le nozze
Da Nord a Sud, boom di richieste ai Tribunali ecclesiastici: 7.500 euro tra sentenza e avvocato. Patrocinio gratuito per chi è in difficoltà
di Alberto Samonà In Italia è boom di pratiche per chiedere la nullità dei matrimoni. Da Napoli a Bologna, da Torino a Palermo i dati parlano chiaro e raccontano di una valanga di cause davanti ai tribunali ecclesiastici, intentate da ex innamorati, pronti a rifarsi una vita, ciascuno per i fatti propri. Fra le principali motivazioni, in testa c'è la mancata volontà da parte di uno dei coniugi di mettere al mondo figli, ma non mancano l'incapacità ad assolvere agli oneri coniugali, la violazione dei diritti e dei doveri che il matrimonio religioso comporta e l'impossibilità ad avere figli, scoperta solamente dopo avere pronunciato il fatidico sì. Per non parlare del «classico» tradimento. Una delle realtà più ingolfate per numero di pratiche giacenti è il tribunale ecclesiastico Campano, dove nel solo 2012 si sono accumulate ben 787 richieste di nullità matrimoniali, 207 di primo grado e 580 di secondo. Numeri da record, al punto che il presidente del tribunale è stato costretto ad aumentare le ore di lavoro, mantenendo gli uffici giudiziari aperti anche nelle ore pomeridiane. E infatti, rispetto al 2011, le domande di annullamento hanno subìto un incremento di quasi il dieci per cento. Se Napoli è al collasso, nemmeno Torino scherza, dove secondo il rapporto annuale presentato in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico di Piemonte e Valle d'Aosta, nel 2012 le nuove istanze sono state 127, in aumento rispetto al 2011. Incremento anche per le cause pendenti: mente due anni fa erano 169, al termine dello scorso anno il numero era poco sotto le duecento, con un incremento pari all'11,8 per cento. A fronte di questi dati, in Piemonte e in Val d'Aosta si registra, poi, l'allarmante tendenza che ha visto polverizzarsi negli ultimi quindici anni il numero di nuovi matrimoni cattolici: nella sola arcidiocesi di Torino le coppie che nel 2011 hanno contratto matrimonio sono state meno di tremila, mentre nel 1993 erano quasi settemila e cinquecento. In pratica, unioni coniugali più che dimezzate e richieste di annullamento alle stelle. All'origine dell'elevato numero di casi di ex sposi che si affrettano a rivolgersi ai tribunali ecclesiastici regionali per dichiarare nulle le nozze ci sarebbe la forte riduzione delle spese, imposta da alcuni anni da una speciale normativa della Conferenza episcopale italiana. Le tariffe per vedere messa una croce sopra al proprio matrimonio sarebbero, infatti, 525 euro per una sentenza di primo grado, 100 euro per un verdetto di secondo grado e in più l'esborso di ulteriori 2.500 euro per la parcella in favore dell'avvocato: prezzi che se non sono proprio popolari, risultano di certo facilmente abbordabili, tanto più che in casi di difficoltà economica dei coniugi, è anche possibile ottenere la dispensa totale o parziale dalle spese e il gratuito patrocinio da parte di legali abilitati ad adire il tribunale ecclesiastico. Numeri in aumento per le richieste di nullità anche in Sicilia, con 267 istanze presentate al Tribunale ecclesiastico di Palermo, delle quali ben 179 sono state avviate dopo meno di cinque anni dal giorno del matrimonio. In Liguria, poi (dove nel 2012 le nuove cause ricevute dalla Rota regionale sono state 130), si arriva al paradosso della soddisfazione, espressa da monsignor Paolo Rigon, vicario giudiziale del Tribunale ecclesiastico, per i numeri in aumento: «siamo soddisfatti», afferma, «perché nell'ultimo anno abbiamo avuto un numero maggiore di richieste di nullità del matrimonio, nel senso che a fronte delle migliaia di separazioni, abbiamo l'intima convinzione che un buon numero di quei matrimoni falliti sia anche nullo». Pienone di cause anche al Tribunale interdiocesano salernitano-lucano, nel quale le richieste presentate nel solo 2012 sono state 256. E anche nella «rossa» Emilia Romagna, con 195 istanze, si registra un sorprendente incremento del numero di quanti decidono di rivolgersi agli uffici ecclesiastici piuttosto che andare dal giudice civile.