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Sentenza risarcisce un precarioAltri 300mila pronti a far causa

Giudice dà ragione a un supplente, adesso il ministero dovrà assumerlo e pagargli gli arretrati: è un precedente che fa tremare il mondo della scuola

Eliana Giusto
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  di Alberto Samonà Chi ha svolto per anni la funzione di insegnante precario nella scuola pubblica, sperando in un agognato, e mai arrivato, contratto a tempo indeterminato, da oggi può ricominciare a crederci.  Sì, perché sta facendo il giro d'Italia la notizia di un docente precario di educazione fisica e di sostegno, che dopo avere fatto causa al ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, per «mancata stabilizzazione», ha ottenuto dal giudice del lavoro di Trapani un maxi-risarcimento di oltre 150mila euro.  L'uomo insegnava già dal 2001 e dall'anno scolastico 2005-2006 aveva sottoscritto diversi contratti di supplenza, per occupare posti rimasti vacanti e disponibili.  Quanto è bastato per citare in giudizio il ministero e per convincere della fondatezza della causa il giudice Mauro Petrusa, che nell'emettere la propria sentenza ha tenuto conto dei recenti orientamenti della giurisprudenza e delle norme nazionali e comunitarie a tutela dei lavoratori, dando ragione all'insegnante e riconoscendogli «i danni subiti per lucro cessante e danno emergente causati dalla mancata stabilizzazione».  Conseguenza: il  Miur dovrà adesso versare al professore precario scatti di anzianità e mensilità estive sia per gli anni pregressi (dal 2005 al 2011) che per quelli che devono ancora venire, il tutto fino all'età pensionabile. E come se non bastasse, a questo si deve  aggiungere anche un'addizionale del 10 percento, che gli è stata accordata per i possibili mancati contratti. Insomma, per il ministero dell'Istruzione si tratta di una vera e propria doccia fredda, anche perché il verdetto ha battuto ogni record in fatto di sentenze risarcitorie per casi simili. Cantano vittoria gli avvocati dell'Anief (l'associazione professionale sindacale dei docenti), che hanno dato assistenza legale all‘insegnante, secondo i quali «la necessità dell'assunzione per pubblico concorso non può giustificare deroghe alle disposizioni che limitano il potere di abuso del datore di lavoro nello stipulare contratti a termine, né autorizzare comportamenti contro la legge da parte della pubblica amministrazione». Secondo il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, la condanna sarebbe giusta, proprio perché «risarcisce in maniera adeguata i precari danneggiati dai comportamenti illegittimi del Miur». Inoltre, è lo stesso Pacifico a dire che la sentenza potrebbe «fare scuola», è proprio il caso di dirlo, perché conferma la tesi secondo cui non è possibile stabilire trattamenti economici diversi fra lavoratori precari e di ruolo, mentre il contratto al 31 agosto deve essere sempre riconosciuto se il posto è vacante e disponibile.  Questo principio, in pratica, costituisce un precedente i cui effetti potrebbero avere una portata dirompente, perché può fare da apripista alla possibilità di ricorsi analoghi da parte di chi si trovi nelle stesse condizioni del docente di Trapani. Se poi si tiene conto del fatto che gli insegnanti precari in Italia sono circa 300 mila, il rischio da scongiurare è quello di una pioggia di cause di lavoro contro il ministero dell'Istruzione da parte di un esercito di docenti che mirano a essere stabilizzati o, in alternativa, a vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento in denaro per gli anni di svolgimento dell'attività didattica. Ed è chiaro che una simile eventualità metterebbe anche in discussione l'intero impianto dell'istruzione italiana, aprendo un buco nero non indifferente per le casse statali.  Anche perché, fino ad ora, il caso dell'insegnante precario siciliano ha avuto ben pochi precedenti. Il primo risale a giugno 2009, quando il giudice del lavoro di Viterbo aveva deciso di condannare il ministero della Pubblica istruzione a pagare da quattro a sei mensilità in favore di 63 precari della scuola in servizio in diversi istituti di ogni ordine e grado nella città laziale, a cui dal 2007 non era stato rinnovato il contratto a seguito dei tagli negli organici. L'altro caso era avvenuto nel mese di luglio di due anni fa, quando ad accogliere il ricorso di una docente precaria era stato il Tribunale di Trani, dando ragione alla donna, che da oltre 7 anni invocava invano la conversione del proprio rapporto di lavoro da tempo determinato a indeterminato. In quel caso, il giudice del lavoro, oltre ad accordare all'insegnante un risarcimento per i disagi sofferti a causa del lungo periodo di precariato mai convertito in un lavoro stabile, aveva ordinato al Miur di riammetterla immediatamente in servizio.   

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