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Il problema dei giornalisti del "Corriere"? Poverini, devono cambiare tram...

Facci visto da Vasinca

La difesa dell'edificio di via Solferino fa sinceramente ridere. Ma il vero problema è che a quel prezzo la sede non la venderanno mai

Andrea Tempestini
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di Filippo Facci È normale che un tizio preferisca lavorare in via Solferino, in una prestigiosa sede storica, piuttosto che in un grattacielo di una periferia nebbiosa, in via Rizzoli. Vedere come i corrieristi difendono l'edificio del loro quotidiano -  scambiando un'opzione dolorosa per una calamità nazionale - però fa oggettivamente ridere. Il gruppo Rcs macina debiti: ma i giornalisti dicono che non possono trasferirsi per via di un «depauperamento qualitativo» che andrebbe a svantaggio dei lettori. Le notizie, in via Rizzoli, vengono peggio. Maurizio Chierici, sul Fatto, ha scritto che vendere via Solferino «è come trapiantare alla Bovisa la madonnina che illumina il Duomo», «cambierà le abitudini sociali e culturali», «non ci saranno più curiosi con la voglia di mescolarsi alla chiacchiere di artisti e intellettuali», «si perde uno dei monumenti che i turisti visitavano con attese pazienti». L'ha scritto senza che l'hashish sia stato legalizzato: evidentemente, per immaginare una realtà inesistente da almeno quarant'anni - se è mai esistita - non ne ha bisogno. Dietro via Solferino svetta il cantiere più grande d'Europa (i grattacieli di Porta Nuova, gallerie, metropolitane) ma il problema è che i giornalisti del Corriere devono cambiare tram. Che poi il problema, a dirla tutta, non è neanche quello: è che a quel prezzo, la sede di via Solferino, non la venderanno mai.    

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