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Cassazione: Sesso anale violento non giustifica l'annullamento del matrimonio

La sentenza della Cassazione: rifiutata la domanda di una donna costretta con la prevaricazione ai rapporti. "Non ci sono condizioni oggettivamente rilevanti"

Andrea Tempestini
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  Essere costretti ad avere rapporti sessuali contronatura non è una ragione valida per chiedere, ed ottenere, l'annullamento del matrimonio. Lo si evince da una sentenza con cui la prima sezione civile della Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello di Ancona, che aveva rigettato la domanda, avanzata da una donna, di annullamento del suo matrimonio, perchè costretta con violenza e prevaricazione da parte del coniuge ad avere continuamente rapporti anali, con "sporadiche copule naturali".    Tendenze sconosciute - La donna, chiedeva che le nozze fossero dichiarate nulle, sulla base dell'articolo 122 del Codice Civile, sottolineando di non aver avuto, con il marito, una "vita sessuale comune" prima del matrimonio, e che, se avesse conosciuto le "tendenze sessuali" di lui in precedenza, avrebbe rifiutato ogni ipotesi di nozze. La Corte d'Appello di Ancona aveva però detto no all'annullamento, sostenendo che non fosse stata provata una "forma di devianza" nel comportamento dell'uomo, e la Suprema Corte ha condiviso tali conclusioni.  Normale vita sessuale... - "L'anomalia o deviazione - si legge nella sentenza numero 3407 depositata martedì 12 febbraio - deve costituire un impedimento oggettivo e non superabile allo svolgimento della vita sessuale". La Giurisprudenza, ad esempio, in relazione all'annullamento di un matrimonio, ha sottoposto a "revisione critica", ricordano gli alti giudici, anche l'ipotesi della 'impotentia generandi', in relazione alla "possibilità di ricorrere a terapie o a tecniche di procreazione medicalmente assistita", mentre sono state riconosciute come "oggettivamente rilevanti", ai fini dell'annullamento, la "condizione di 'impotentia coeundi' permanente al coniuge o il suo transessualismo".   Nessuna anomalia - Nel caso in esame, si legge ancora nella sentenza, i giudici del merito non hanno riscontrato l'esistenza, nel marito, di una "anomalia o deviazione sessuale", ritenendo che alla base dell'impedimento di una normale vita sessuale tra i coniugi vi fosse "non una sua particolare fisionomia sessuale, ma la sua incapacità psicologica - sottolineano gli Ermellini - di concepire i rapporti sessuali con la moglie in termini di condivisione del piacere erotico e della affettività".  Niente annullamento - Secondo la Cassazione, "l'impossibilità di pervenire a quell'accordo e rispetto reciproco che costituisce il presupposto di una vita sessuale condivisa", non rientra nelle ipotesi per cui si può chiedere l'annullamento di un matrimonio, ma può avere, invece, "piena rilevanza nella constatazione della insostenibilità del vincolo coniugale e nel giustificare non solo la richiesta del suo scioglimento, ma anche della addebitabilità della separazione", così come può avere rilievo "nell'accertamento della responsabilità penale e civile del coniuge - conclude la Suprema Corte - che si è reso responsabile di un comportamento lesivo della dignità, della integrità fisica e della libertà di autodeterminazione del proprio partner".  

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