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Vaticano, Socci: cari colleghi, chi insultava ora rosica

Adesso tutti commentano l'addio di Benedetto XVI, ma quando nel settembre 2011 per primi rivelammo la notizia fummo derisi e accusati di ordire manovre oscure

Giulio Bucchi
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  di Antonio Socci www.antoniosocci.com Lunedì, per le dimissioni del Papa, sono stato sommerso da un mare di telefonate. Tutti ricordavano che avevo anticipato addirittura il 25 settembre 2011 l'esplosiva notizia su Libero (con il dettaglio sull'età scelta per mollare: 85 anni). Mi hanno subito cercato anche i colleghi stranieri. Dalla Bbc al Financial Times al brasiliano Veja. Attraverso Lucia Annunziata mi sono trovato su Huffington Post-America e non ho potuto rispondere a molti altri (come quelli del Fatto quotidiano). Non mi compiaccio molto di questa celebrità, perché avrei preferito di gran lunga che il Papa non si dimettesse. Ma ammetto che sul piano professionale è stata una piccola soddisfazione. Sapendo tuttavia, come dice Roberto D'Agostino, che i colleghi della corporazione italica sono dei rosiconi, prevedevo che non mi sarebbe stata perdonata. Ricordavo bene com'era andata quel 25 settembre 2011. Su Sky.it quel giorno non si riportò solo la risposta di padre Federico Lombardi che definì il mio articolo «una voce infondata» (infatti lo si è visto), ma soprattutto, nel sottotitolo, questa notizia: «Alcuni vaticanisti insorgono». In effetti molti vaticanisti, invece di scavare e cercare altri indizi, considerarono il mio scoop come un affronto personale. E dettero voce alle stroncature di «fonti ben informate», ma senza volto. Emblematica, su Lettera 43, fu Silvia Zingaropoli che cercando le reazioni al mio scoop durante il viaggio del papa in Germania, scrisse: «Purtroppo per Socci, una nostra illustre fonte, a stretto contatto con le alte sfere vaticane, disinnesca l'ordigno. Anzi di più, demolisce Socci e la sua profezia. “Guardi, si tratta di un'affermazione talmente infondata che si rischia di accreditarla anche solo smentendola”, ha affermato il nostro interlocutore: “Qui in Germania nessuno crede a una sola parola di quanto è stato scritto in quell'articolo”».  Magari questa «illustre fonte» è fra quelli che in questi giorni si presentano come ben informati e commentano, con una larga ruota da pavone, le dimissioni avvenute. L'articolo della Zingaropoli continuava così la sua «demolizione» della mia presunta bufala: «Nessun legame con la realtà. Infatti, a Friburgo “il Papa ha dimostrato di essere in grande forma... Siamo rimasti sgomenti alla notizia di quell'articolo, tutti: dal segretario di Stato agli alti prelati presenti qui”. “Che Socci sia ben informato sulle cose vaticane è un'affermazione a dir poco fuori luogo. Proprio oggi il Papa ha detto che l'umiltà viene da humus, terra: dobbiamo essere ancorati alla realtà. E Socci a quanto pare non lo è”». Questa illustre fonte, che esprimeva pure la reazione del Segretario di Stato, dunque, oltreché una sprezzante lezione di giornalismo, mi impartiva anche una sferzante lezione di umiltà. Lezione sempre utile per noi giornalisti. La cronista di Lettera43 concludeva così: «Certo è che solo il tempo dirà se Antonio Socci si trovava, oppure no, dalla parte della ragione».  E il tempo in effetti lo ha detto. Un altro caso emblematico è quello della Stampa e del suo sito dedicato al Vaticano, Vatican Insider. Quel 25 settembre il caporedattore centrale e digital editor Marco Bardazzi, che peraltro conosco bene e considero tuttora un amico, se ne uscì con un tweet per me sorprendente che suonava così: «Tirare in ballo le dimissioni del Papa, come fosse un Gasperini qualsiasi, è una mossa che lascia sconcertati. Non ne capisco le ragioni». Ma è davvero così scandaloso, per il caporedattore centrale della Stampa, che un giornalista dia le notizie inedite di cui viene in possesso? Essendo Marco un bravo giornalista sarà capitato certamente anche a lui. E non credo che quel mio articolo sulle dimissioni del Papa potesse essere squalificato (da un collega!) come «una mossa» che «sconcerta» e che lascia sospettare chissà quali «ragioni» occulte. Magari un complotto contro il Papa? Ordito da un bigotto ratzingeriano come il sottoscritto? Che avrei addirittura trattato il Papa come «un Gasperini qualsiasi»? Non so bene chi sia questo Gasperini, ma so che il giornale di Bardazzi in questi giorni è pieno di articoli che commentano e spiegano le avvenute dimissioni del Papa. E non ci dicono nulla di Gasperini (che ne sarà di lui?). Il sito della Stampa, Vatican Insider liquidò «l'ipotesi-Socci» così: «È considerata “totalmente infondata” da alte personalità al seguito del Papa nel viaggio in Germania». E due giorni dopo pubblicò un “simpatico” articolo di Jean-Marie Guénois, che lavorò con me quando dirigevo 30 Giorni e che oggi è caporedattore e vaticanista de Le Figaro, nonché collaboratore di Vatican Insider. Costui scrisse: «Sono rimasto scandalizzato da quanto (Antonio Socci) ha pubblicato… Ha in un certo senso rovinato il viaggio del Papa».  Aggiunse che io avrei «danneggiato tristemente» il Papa. E concluse di ignorare le «intenzioni» per cui avevo scritto l'articolo «ma l'esito è stato quello di un goal magistrale nella sua porta». Non ho letto Le Figaro di questi giorni. Chissà se l'ottimo Guénois ha firmato articoli per spiegare oggi il perché e il per come delle dimissioni del Papa. O almeno di Gasperini... Dopo tali precedenti posso dire che in questi giorni è andata abbastanza bene. L'unico incidente, ma in fondo divertente, è capitato lunedì sera. Bruno Vespa a Porta a porta ha presentato in pompa magna il mio amico Giuliano Ferrara come colui che aveva fatto lo scoop dell'anticipazione delle dimissioni del Papa, mostrando pure la pagina del Foglio del 10 marzo 2012. E Giuliano gongolante non ha precisato che quel suo articolo non conteneva alcuna notizia, ma era una sua esortazione al Papa perché mollasse tutto. Soprattutto ha evitato di ricordare che il suo articolo uscì sei mesi sei dopo il mio, che la notizia peraltro ce l'aveva. Colto da un attacco di narcisismo ho ceduto alla tentazione di contattare Vespa e gli ho scritto un sms, che ovviamente intendevo privato, dove lo informavo dell'infortunio. E sono stato un bischero. Perché mi hanno riferito che il simpatico Bruno, con ironico sorriso, ha letto in diretta il mio sms personale, provocando ovviamente l'imbarazzata risposta di Giuliano che ha detto di non aver rivendicato alcun primato. Sono solidale con lui. Anche se purtroppo lo stesso Giuliano aveva appena firmato un editoriale, apparso sulla prima pagina del Giornale di ieri, che esordiva proprio autocelebrando il “suo” clamoroso ed epocale scoop: «Anticipare una notizia di portata millenaria come le dimissioni del Papa è un buon servizio reso all'informazione. Ci è capitato il 10 marzo dell'anno scorso, di scrivere e pubblicare precisamente questa anticipazione». È uno scivolone innocente che rende ai miei occhi Giuliano ancora più caro, perché me lo mostra finalmente umano, un po' bisognoso d'affetto e di considerazione proprio come tutti noi mortali (io lo avevo sempre considerato una spanna sopra le miserie di noi mortali e della nostra corporazione). Certo, poi si è lasciato prendere la mano e in quell'articolo ha finito per scrivere che il Papa ha dato retta a lui («Il Papa si è deciso al passo, crediamo, per la ragioni illustrate dal Foglio in quella pagina»). Una “leggera” sopravvalutazione di se stesso? Un po' come il gallo che cantando riteneva di aver fatto levare il sole? Ho qualche dubbio.  Ma mi tengo stretto il mio Ferrara, il suo anticonformismo ratzingeriano e il suo acume, la sua ironia e la sua amicizia (a cui devo molto), considerando che l'alternativa è quella dei “venerati maestri” di Repubblica dove ieri Eugenio Scalfari ha firmato un'articolessa ineffabile. Con la quale si è improvvisato teologo e ha annunciato che Benedetto XVI in forza delle sue «rivoluzionarie» dimissioni ha «cancellato» la figura del Papa come «Vicario di Cristo in terra» infallibile quando definisce «ex cathedra» la fede. Sì, a sentire Scalfari, Benedetto XVI ha cancellato il papato… Che dire? Buonanotte e viva Ferrara.  

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