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La Chiesa riconosce i diritti dei gay"Siamo tutti figli di Dio"

L'arcivescovo Paglia: "I legislatori si occupino di riconoscere i diritti delle coppie di fatto, anche omosessuali, con soluzioni di diritto privato"

Nicoletta Orlandi Posti
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La Chiesa riconosce i diritti degli omosessuali. L'arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia ieri ha pronunciato parole inattese, destinate a fare storia. La Chiesa deve riaffermare in tutte le situazioni "la pari dignità di tutti i figli di Dio. Tutti, in questo senso sono santi perchè hanno il sigillo di Dio,  nessuno non ce l'ha. E dunque tutti sono 'intoccabili'", ha detto il prelato rispondendo ai giornalisti a proposito delle discriminazioni subite dai gay. Ovviamente monsignor Paglia non apre alle nozze di persone dello stesso sesso, ma la posizione del Vaticano sui diritti degli omosessuali non era mai stata così esplicita:  "Un conto è il tema del matrimonio gay, sul quale è nota la nostra posizione, un altro sono le disciminazioni. Nel mondo - ha sottolineato - ci sono forse 25 paesi dove l'omosessualità è reato. Mi augurerei - ha scandito - che come Chiesa combatteremo tutto questo". La specificità della famiglia, ha quindi spiegato Paglia, e la sua natura di elemento fondamentale della società, non può essere  confuso con altre forme di unione, in ogni caso “i diritti individuali vanno garantiti visto il moltiplicarsi di situazioni” di altro tipo come le unioni fra persone dello stesso sesso. Per queste ultime vanno trovate “soluzioni di diritto privato”, cioè “all'interno del codice di diritto privato” che tengano conto anche   degli aspetti “patrimoniali”. L'arcivescovo cita poi Gaber per spiegare che il "no" della Chiesa alle nozze gay non è un fatto religioso.  "Anche Giorgio Gaber - ricorda - diceva che donna e uomo sono destinati a restare diversi, perchè senza due corpi differenti e pensieri differenti non c'è futuro". Dunque, afferma il capodicastero, "la Chiesa continuerà a proclamare la verità, in qualunque situazione". Ma, si affretta ad aggiungere, questo non significa che non si debbano riconoscere i diritti delle coppie di fatto, anche gay, con soluzioni di diritto privato, "ed è tempo che i legislatori se ne preoccupino".  Monsignor Paglia ha sottolineato che le "convivenze non famigliari" sono "molteplici" e ha assicurato che la Chiesa è favorevole a "che in questa prospettiva si aiutino a individuare soluzioni di diritto privato e prospettive patrimoniali". "Se ci sono molteplici situazioni - ha osservato - è ovvio ed è bene garantire i diritti individuali e che dunque si percorra anche questa strada". "Credo anzi - ha aggiunto testualmente - che sia un terreno che la politica debba cominciare a percorrere tranquillamente". "Va detto però con estrema chiarezza - ha insistito il presule - che il crocevia della stabilità della società è l'intreccio delle generazioni che avviene nel cuore delle famiglie, e in questo senso non dobbiamo pensare che il matrimonio sia giustificato solo dall'affetto, perchè grazie a Dio bisogna volersi bene in tanti e non solo a casa". Infatti "non è l'autosufficienza del sentimento che giustifica il matrimonio". Ma "all'interno dell'attuale codice civile e patrimoniale si possono trovare soluzioni di cui bisogna tener conto, sia a livello patrimoniale che di facilitazione della vita per impedire ingiustizie dei più deboli. Questa via mi pare importante da percorrere". C'è il matrimonio che  ha “una tradizione chiara nel diritto”, e c'è poi “l'arcipelago delle altre convivenze non familiari”, per le quali “è bene che si   cerchino soluzioni nel diritto privato e soluzioni patrimoniali, un   terreno che la politica dovrebbe cominciare a percorrere”. Ad   affermarlo oggi è stato monsignor Vincenzo Paglia, presidente del   Pontificio Consiglio per la famiglia, rispondendo questa mattina alle domande dei giornalisti nella sala stampa della Santa Sede durante una  conferenza stampa di presentazione delel iniziative del dicastero.  “Il crocevia dello Stato e della società è l'intreccio delle   generazioni”, ha affermato il vescovo, secondo il quale “non   dobbiamo pensare che il matrimonio sia giustificato solo dall'affetto:  l'autosufficienza del sentimento non giustifica il matrimonio”. Il matrimonio, infatti, “è giustificato certo dall'amore, ma ha una   struttura pubblica che non può essere allentata. Che poi ci siano   diritti individuali da garantire, è bene che si percorra anche questa  strada”.

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