Giordano: disastro De Magistris, la benzina arancione è già finita
Aveva promesso di rimettere in marcia Napoli, e c'è perfettamente riuscito. Ieri Napoli, in effetti, era in marcia: tutti a piedi, da una parte all'altra, dal Vomero a Bagnoli, da Posillipo ai Quartieri Spagnoli, essendo quello l'unico modo possibile per muoversi in città. E gli autobus? Bloccati. Scusate, siamo spiacenti di informarvi che la rivoluzione civile si è dimenticata di fare benzina: il futuro sarà pure arancione, ma intanto il serbatoio segna rosso. Rifornimenti sospesi, motori spenti: De Magistris aveva garantito la svolta, ma per fare la svolta bisogna per lo meno uscire dal garage. Invece i mezzi pubblici ieri non sono usciti. Niente soldi, niente gasolio. «Saremo il partito della fermezza», assicurava il sindaco appena eletto. Un'altra promessa mantenuta. Mai visto niente di più fermo di così. Vi ricordate l'entusiasmo arancione? «Scasseremo tutto», urlavano in piazza del Plebiscito. Ci hanno messo meno di due anni e hanno raggiunto l'obiettivo. E dire che non c'era molto da scassare nella Napoli già mal gestita da anni di Bassolino-Jervolino. Loro ce l'hanno fatta: il bilancio del Comune è ormai un colabrodo, i soldi sono stati buttati per la Coppa America, hanno provato a pagare il rifornimento di gasolio con due babà e un santino elettorale di Ingroia, ma niente, quel controrivoluzionario di un fornitore non ha capito lo spirito dell'innovazione e ha replicato secco: «Se tu non dare moneta, tu non vedere né cammello né benzina per autobus». Così i serbatoi sono rimasti vuoti. Che cosa ci volete fare? Scassa di qui, scassa di là, alla fine c'è sempre qualcuno che si scassa davvero. «Porteremo un messaggio d'amore», giurava Giggino in campagna elettorale. Ma il fatto è che il messaggio d'amore vola sulle ali di Cupido, che per grazia degli dei si leva in volo senza bisogno di carburante. Chi glielo dice adesso a De Magistris? Lui pensava che anche per governare una città bastasse fare il pieno di parole, invece no: ci vuole la benzina per gli autobus. Non bastano le frasi ad effetto, occorre il gasolio. Non bastano gli slogan, bisogna saper amministrare. E pensare che il sindaco aveva celebrato la sua vittoria come una festa della Liberazione per la città: «Da qui comincia il grande cambiamento, nulla sarà più come prima, lasceremo a piedi i malintenzionati», garantiva. In effetti nulla è più come prima, qualcosa è diventato peggio. Qualcosa anche molto peggio. I malintenzionati, per dire, non sono rimasti tutti a piedi. I napoletani invece sì. Il resto della città, poi , è rimasto ancor più fermo degli autobus. La raccolta differenziata che doveva raggiungere il 70 per cento entro la fine del 2011, è a oggi bloccata al misero livello del 25 per cento. La monnezza si riappresta a ricoprire le vie del centro. Il bilancio è un buco con un po' di rosso attorno, 850 milioni di disavanzo, i libri contabili sono da tribunale del fallimento, le scuole dell'obbligo sono precipitate nel «caos pranzi», da settembre non c'è la garanzia che le mense siano in grado di assicurare un piatto caldo a tutti i bimbetti. I quartieri sono rimasti abbandonati a loro stessi, a Scampia si continua a spacciare e morire, per il rilancio di Bagnoli non è stato fatto nulla, le tasse locali restano fra le più alte d'Italia. L'Espresso (cioè dico: l'Espresso!) a metà gennaio ha dedicato un lungo servizio al fallimento di De Magistris, sfottendolo in copertina con una scena da film di Totò e la dicitura «re di Napoli». Citava, fra gli altri il maestro De Simone («Questa è una malsana città diventata invivibile») e un documento della Cisl in cui si accusa il Comune amministrato dagli arancioni di «gare negoziate per gli amici degli amici» e di «spazi pubblici assegnati senza delibere». Alla faccia della legalità. E poi una serie di mali infiniti: blackout, scioperi selvaggi, collaboratori che se ne vanno, risse e degrado urbano. Risultato? De Magistris era fra i sindaci con più consenso d'Italia. Adesso sta agli ultimi posti. Più che una rivoluzione, un precipizio. Anche la politica culturale, che doveva essere il fiore all'occhiello degli arancioni, si è fermata proprio come un autobus senza carburante. Roberto Vecchioni è stato assoldato per il Forum delle Culture ma se n'è andato in polemica dopo che si era parlato del suo supercompenso, di mostre manco l'ombra, i musei sono in crisi. Un po' poco per chi aveva promesso: «Farò dei Quartieri Spagnoli una nuova Montmartre». L'unica cosa che è stata organizzata con un certa enfasi è stata la Coppa America di Vela: per ospitarla non s'è badato a spese, sono stati comprati sgabelli a 400 euro l'uno ed è stata costruita un'apposita scogliera (costo: 4 milioni di euro), che però è stata smontata appena finita la competizione. Poi dicono che non ci sono soldi per il rifornimento dei mezzi pubblici… «De Magistris è distratto dalla campagna elettorale», ha commentato acido Bersani, appena saputo del caos trasporti urbani. Ed è un po' l'impressione che hanno avuto tutti i napoletani: Giggino di amministrare la città non ne ha voglia, lui ha «scassato», tanto gli basta. Quello che conta ora è il nuovo partito della rivoluzione, il movimento di Ingroia, l'esportazione lontano dal Vesuvio della sua lista arancione, il giustizialismo formato nazionale. E dunque che gli importa dei mezzi pubblici o dei rifiuti di Napoli? Il Comune è una specie di trampolino, la fascia tricolore un elastico per lanciarsi in tutta Italia portando con sè la brillante esperienza partenopea. E c'è da immaginare che, visti i risultati, nel resto del Paese lo aspettino con ansia: metterà in marcia anche le altre città? Noi siamo già pronti con la divisa da maratoneti, correre non ci dispiace, se c'è qualche disagio lo perdoniamo, in nome della rivoluzione rimasta senza benzina. Del resto non è mica colpa sua, è deformazione professionale: il fatto è che da ex pm non riesce a togliersi il vizio di arrestare tutto quello che può. Persino i bus. di Mario Giordano