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Diventare milionari in Italia in periodo di crisi? Si può con l'università: ecco i dieci consigli per diventare ricchi

simone cerroni
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C'è chi è andato in Germania o in Francia alla ricerca della fortuna, e chi, con spirito di grande intrapendenza, ha cambiato continente alla volta di Paesi emergenti. C'è poi chi ha detto "No, non ci sto" e con grande coraggio è rimasto nel Bel Paese trovando il modo di arricchirsi anche in tempo di crisi. Sì, perchè diventare milionari in periodi di recessione economica è possibile. Come? Basta andare all'Università. Sembra un paradosso in Italia dove aumentano i laureati e diminuisce l'offerta di lavoro, ma l'impresa può diventare reale. In Gran Bretagna ne sono convinti da quando l'Office for Nationals Statistics (Ons) ha reso pubblici nuovi dati sulla ricchezza nazionale. Come fare un milione, ha titolato in prima pagina il Daily Telegraph. Il giornale riporta come "il 20 percento dei laureati britannici riesca a raggiungere e entro i 55 anni la fatidica soglia del milione, mentre per chi non ha fatto l'università, la quota crolla al 6 per cento". Certo le situazioni sono diverse e non esistono dati analoghi sull'Italia, ma il settimanale Panorama ha provato con l'aiuto di esperti e con i dati forniti da Almalaurea, a stilare 10 consigli per arrivare ad un patrimonio a sei zeri. 1. Meglio le Università a indirizzo economico e scientifico - Nel report più recente di Almalaurea viene evidenziato come a parità di età e di ambito lavorativo, il differenziale di busta paga tra un laureato e un diplomato sia in media del 13-14 per cento per raggiungere a fine carriera punte del 50. Naturalmente ci sono facoltà e facoltà, sottolinea Piero Silvaggio, presidente della branch italiana di Horton International:  quelle "economiche, ingegneristiche e matematiche continuano ad assicurare uno sbocco occupazionale più rapido e meglio retribuito, sia in Italia che all'estero". 2. Il master e specializzazioni posso distinguere - Stesso ragionamento va fatto per i master, le specializzazioni e i corsi post laurea. In un periodo dove tutti si laureano e si assiste ad una standardizzazione del curriculum avere qualche specializzazione in più offre sicuramente qualche change in più. Sempre secondo Almalaurea "a cinque anni dalla fine dei corsi univeristari, soltanto uno studente su tre indica di aver frequentato un master come determinate per il proprio percorso di carriera". Più del 60 per cento di chi aveva un lavoro prima del corso post laurea, mantiene comunque l'occupazione precedente al corso di specializzazione. Secondo Silvaggio, questo è un errore. "Il primo consiglio è di sottopesare i trend del momento, scegliendo qualcosa di attinente alle posizioni che si vogliono raggiungere e non a quella già occupata. Il secondo è di preferire l'estero, sempre e comunque, per motivi di network lavorativo e di curriculum: non servono Harward o Cambridge, anche un ateneo anglossassone o americano di secondo piano colpisce di più di uno italiano di fascia alta". 3. L'esperienza all'estero - "La mobilità giovanile resta un fattore premiante all'interno dei curricula - continua Silvaggio - a patto che non diventi un fattore ritardante, come capita spesso agli italiani che studiano all'estero". E quindi un semestre in un'università estera va bene, ma un periodo fuori casa trascorso dietro un bancone di Starbucks a Londra ritarda il percorso. 4. Cambiare lavoro e giocare a rialzo con la paga - Altro consiglio è quello di non accontentarsi del lavoro che si ha e mirare sempre ad ottenere di più sia come azienda che come retribuzione. Cambiare lavoro e puntare a paghe maggiori, stimola un gioco al rialzo, crea nuovi stimoli, contatti e competenze che torneranno utili negli anni. "Per un laureato - afferma Gianfilippo Cuneo nel suo libro Cambiare azienda per fare carriera - è possibile sbagliare a 35-40 anni , anche se anche a quell'età il cambiamenhto deve essere pensato molto bene, a 50 si deve sapere che è l'ultimo errore che si puà fare". 5. Creare una tua impresa - Come riporta Panorama, "secondo l'Eurostat in Europa il 14 per cento di coloro che sono titolari di impresa vanta un patrimonio personale superiore al milione di euro, mentre la quota precipita al di sotto dell'8 per cento tra i lavoratori dipendenti. In Italia i dati sono analoghi, anche se pesa molto più il fattore ereditario. A maggior ragione, se non sei nato benestante, per provare a diventarlo devi concederti qualche rischio in più". 6. Il rispario è fondamentale - Si sa, l'Italia è un popolo di risparmiatori, anche se in periodi di crisi si attinge proprio a quelli per arrivare a fine mese. Comunque in questo abbiamo un comportamento esemplare. Nel bel Paese, gli individui tra i 55 e i 64 anni vantano un patrimonio di 275.200 euro, contro i 230.800 dell media europea. Accantonare costantemente piccole somme di denaro, come gli animali che vanno in letargo, specie per chi ha la fortuna di ragionare su un'ottica di medio/lungo periodo, è la ricetta vincente per una vecchiaia serena. Quasi un quarto delle ricchezze dei milionari (italiani compresi) arriva da investimenti "poveri", come titoli di Stato e obbligazioni a basso rischio, mentre oltre un terzo riposa nei conti correnti. 7. Essere folli e rischiare - La follia è un altro degli elementi centrali della corsa verso il milione. D'altronde non esisterebbero imprenditori e imprese senza rischio. Lo diceva anche un guro dell'informatica e dell'investimento come Steve Jobs, fondatore dell'Apple: "Stay foolish, stay hungry". "Tutti coloro che sono diventati milionari si sono posti, a un certo punto della loro vita, obiettivi che la maggior parte di chi li circondava giudicava irraggiungibili o almeno rischiosi", osserva Steve Siebold, autore del bestseller Come pensano i ricchi. 8. Sposarsi stabilizza economicamente - Lo studio di Panorama rivela che "vita privata e accumulo di ricchezza sono strettamente correlati, come dimostrano ancora una volta i numeri. Contrariamente a quanto si pensi , i super ricchi sono piuttosto fedeli: il 78 per cento degli uomini che compaiono della top 500 di Forbes, risultano sposati da tutta la vita con la stessa donna". Ne è convinto anche Luigi Grassi, consulente di finanza comportamentale. "Chi si sposa giovane è incentivato a cercare percorsi più remunerativi sin dall'inizio della carriera e a risparmiare di più per assicurare un futuro al nuovo nucleo familiare". 9. Fare i fligli orienta gli investimenti - Anche diventare genitori enfatizza la voglia di ottenere cifre maggiori per mantenere nel migliore dei modi la prole. "Avere un figlio comporta maggiori uscite - osserva ancora Grassi - ma allo stesso tempo orienta gli investimenti familiari in maniera più conservativa e spinge almeno uno dei due coniugi, o entrambi, a cercare il prima possibile uno stipendio maggiore". 10. Farsi presto un patrimonio immobiliare -  Infine possedere un appartamento o un bene immobile (in Italia almeno il 77 per cento dei cittadini è proprietario della casa in cui vive, contro una media europea del 50 per cento) stimola a evitare gli sprechi e quindi a responsabilizzare riducendo i rischi di insolvenza. "Comprare oggi sopratutto se si è giovani - afferma Grasso - può essere un primo investimento che concorre in ottica di lungo periodo a comporre una parte sostanziale del proprio patrimonio di vecchiaia. Con il passare del tempo, invece, le pretese abitative crescono e il mutuo può diventare in proporzione più oneroso di un affitto, oltre a limitare la propensione alla mobilità lavorativa". A questo punto meglio orientarsi ad un acquisto quando si è prossimi alla pensione. 

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