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Vescovi contro la Cassazione"I bimbi non vivono bene coi gayhanno bisogno di mamma e papà"

Durissima reazione della Chiesa alla decisione della Suprema Corte che ha aperto all'affido dei minori per le coppie omo

Lucia Esposito
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Durissime reazioni alla sentenza della Corte di Cassazione che ha detto sì all'adozione da parte delle coppie gay. Durissima la replica della Cei che, sulle colonne del suo quotidiano L'Avvenire sottolineano, in un articolo scritto dal giurista Carlo Cardia che la decisione:  "lascia stupefatti quando cancella tutto ciò che l'esperienza umana, e con essa le scienze psicologiche, ha elaborato e accumulato in materia di formazione del bambino".  "Siamo - denuncia l'editoriale - di fronte ad una concezione che attinge il suo humus culturale alle forma illuministiche più primitive, nega ogni preziosità dell'esperienza umana e ritiene che anche per la dimensione della paternità e della maternità il gener umano possa ricominciare daccapo, perchè l'educazione e la formazione del bambino può avvenire contro i parametri naturali e le garanzie che la famiglia presenta in ogni epoca". Pericolo reale Per la prima volta in Italia - sottolinea il quotidiano dei vescovi - una sentenza della Sezione civile della Cassazione afferma che questi principi che ciascuno di noi vive e sperimenta nella famiglia d'origine, e nelle relazioni con i propri figli sono frutto di un mero pregiudizio e che non è affatto necessario per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia composta da madre e padre, essendo tale considerazione non fondata su 'certezze scientifiche o dati di esperienzà".   In questo modo, secondo Avvenire, il bambino viene "privato artificiosamente della doppia genitorialità, vede venir meno la dimensione umana e affettiva necessaria per la crescita e il suo armonico sviluppo, ed è lasciato in balia di esperienze, rapporti, relazioni umane, sostitutive e del tutto slegate rispetto alla naturalità del rapporto con il padre e la madre". "Si intravede in questo modo - rileva l'articolo - un profilo disumanizzante della tendenza a spezzare il legame del bambino rispetto ai genitori naturali, che comporta il declassamento dei suoi diritti proprio in quella fase più delicata dell'esistenza che condiziona per sempre la crescita successiva".   Per Avvenire, "il bambino non è oggetto da utilizzare o manipolare con sperimentazioni estranee alla sua propria dimensione familiare, ma è persona con diritti originari che devono essere tutelati e garantiti dalla società e dalle leggi che lo governano". "Dobbiamo essere sinceri, e riconoscere - conclude infine - che siamo di fronte al pericolo reale che si rechi un grave vulnus a quanto di più prezioso l'umanesimo religioso e di ogni tendenza laica ha realizzato sino ad oggi, che riguarda la cura e la tutela delle nuove generazioni per un futuro sempre più umanizzato della società". 

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