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Trattiva Stato-mafia: i pm hanno chiesto 11 rinvii a giudizio

Marcello Dell'Utri

Andrea Tempestini
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  La Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti gli 11 imputati nel procedimento per la presunta trattativa tra Stato e mafia. La richiesta è stata formulata dal Pm Nino Di Matteo, che ha così concluso davanti al Gup Piergiorgio Morosini, nell'aula bunker dell'Ucciardone, la requisitoria cominciata nella mattinata di mercoledì 9 gennaio. La parola ora è passata alle parti civili: l'udienza preliminare proseguirà venerdì 11 gennaio, con gli interventi dei difensori, e quindi lunedì prossimo. I nomi - Gli imputati sono cinque mafiosi, i capimafia corleonesi Leoluca Bagarella, il capolista, suo cognato Totò Riina, e Bernardo Provenzano, il pentito Giovanni Brusca e il palermitano Antonino Cinà. Poi ci sono i tre nomi politici: l'ex ministro democristiano del Mezzogiorno, Calogero Mannino, il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, che risponde solo di falsa testimonianza. La lista si allunga col nome di tre ufficiali dei carabinieri: i generali Mario Mori e Antonio Subranni e l'ex colonnello Giuseppe De Donno, e infine Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, che risponde, oltre che della trattativa, di concorso in associazione mafiosa e calunnia aggravata.    La posizione di Provenzano - Mancino giovedì mattina ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato, e il Gup si è riservato di pronunciarsi in merito. Nei giorni scorsi, era stato disposto lo stralcio della posizione di Bernardo Provenzano, giudicato dai periti incapace di presenziare alle udienze a cause delle sue condizioni psichiche.    Il presunto patto - I reati contestati per i presunti accordi fra Stato e mafia, risalenti al periodo delle stragi del '92-'93, sono quelli di attentato, con violenza o minaccia, a corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato, tutto aggravato dall'agevolazione di Cosa nostra. Il patto sarebbe stato suggellato, secondo l'accusa, da ex ministri, per mezzo di mafiosi e il tramite di Dell'Utri, per evitare nuovi attentati: in cambio sarebbe stato offerto un ammorbidimento del 41 bis, il regime di carcere duro previsto per i detenuti legati a Cosa nostra.  

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