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Processo Mediaset, Cassazione: Berlusconi interdetto per 2 anni

Giulio Bucchi
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Silvio Berlusconi fuori dalla politica attiva italiana (ed europea) per i prossimi due anni. La terza sezione penale della Cassazione ha confermato l'interdizione dai pubblici uffici per il Cavaliere, ponendo la parola fine al processo Mediaset. La pena accessoria è ora immediatamente esecutiva: Berlusconi non potrà candidarsi, né alle elezioni europee (anche se in Forza Italia daranno battaglia) né soprattutto a quelle italiane, oltre che votare. Ecco perché dai giudici potrebbe essere arrivato un assist importante a Matteo Renzi, che potrebbe avere l'interesse ad andare ad elezioni entro il 2016 per poter giocarsi l'elezione a premier (la prima con voto popolare) senza avere come avversario il leader del centrodestra. La posizione della difesa - La Cassazione ha accolto in tutto e per tutto la richiesta del sostituto pg di Cassazione Aldo Policastro. Berlusconi era stato condannato lo scorso agosto in Cassazione a 4 anni di reclusione (di cui 3 coperti da indulto) e, dopo il rinvio in Appello a Milano, a 2 anni di interdizione (e non più 5). Respinto dunque il ricorso della Difesa dell'ex premier riguardo a quest'ultima sentenza, arrivata lo scorso 19 ottobre. Parola fine, si diceva. A meno che non arrivi un colpo di scena europeo, come auspicato dagli avvocati di Berlusconi. Franco Coppi e Niccolò Ghedini avevano infatti già chiesto ai giudici di sospendere il procedimento sulla pena accessoria e trasmettere gli atti alla Corte Europea di Strasburgo affinché valuti se sono cumulabili le sanzioni sull'incandidabilità riviste dalla legge Severino e l'interdizione stessa. Resta ora da vedere come andrà il ricorso presentato in Europa dai legali del Cav. L'accusa - Il pg Policastro si è opposto a questa interpretazione: "A mio parere non siamo di fronte a una combinazione di sanzioni - ha spiegato - perché queste due sanzioni hanno modalità diverse". "Sono irrilevanti e manifestamente infondate", ha poi aggiunto, anche le questioni di legittimità costituzionale della legge 74/2000. Secondo il procuratore generale i due anni di interdizione vanno confermati perché la sentenza della Corte d'Appello di Milano dello scorso ottobre "risponde ai criteri previsti dalla nostra Costituzione. La sentenza passata in giudicato ci consegna una realtà fattuale assolutamente insuperabile e circostanze oggettivamente accertate. Le condotte sono da valutare in tutta la loro portata". Secondo il magistrato, i giudici milanesi, in sede di Appello-bis, "hanno indicato esattamente i criteri seguiti in modo logico e non censurabile. Incide anche l'estinzione del debito tributario non avvenuta". 

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