Trattativa Stato-mafia, spunta un dossiercon i nomi dei politici coinvolti
Un esposto anonimo inviato al pm Di Matteo svela che i magistrati che stanno indagando sono spiati
Una gola profonda che fa nomi e cognomi, parla di circostanze precise e lancia pesanti accuse. L'inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia sembra ad essere ad una svolta grazie a un dossier anonimo spedito al pm Antonino Di Matteo, che da quattro anni cerca di far luce su un patto stretto tra le stragi del '92-93, e sui cui la Procura sta cercando di fare luce. Come riporta 'Repubblica', la lettera anonima sostiene che il pool dei magistrati palermitani che si occupano dell'inchiesta sarebbero spiati. Ma anche dove trovare altre prove del patto tra Stato e boss mafiosi dopo le stragi mafiose del '92, fa i nomi di vecchi uomini politici (mai sfiorati finora dall'inchiesta) che potrebbero essere a conoscenza di molti fatti e sostiene che tra gli spioni ci sono anche alcuni magistrati. Non solo. L'anonimo avverte anche che l'agenda rossa di Borsellino "è stata rubata da un carabiniere" e che la mattina del 15 gennaio 1993, poco prima della cattura di Totò Riina, qualcuno entrò nel rifugio del boss prima della perquisizione del procuratore Caselli per ripulire l'archivio del capo dei capi di Cosa Nostra. L'esposto è composto da dodici pagine e secondo la Dia sarebbe "attendibile": gli investigatori, sostiene Repubblica, ritengono che l'autore possa essere qualcuno che all'inizio degli anni '90 abbia lavorato in qualche reparto investigativo. Del resto sul frontespizio del dossier c'è anche lo stemma della Repubblica italiana. L'autore avrebbe attribuito un numero di fascicolo, proprio come si usa nei documenti ufficiali. Insomma, come spensano gli stessi inquirenti, l'anonimo sarebbe persona molto informata sui fatti, tanto che i pm di Palermo starebbero già verificando ogni sua dichiarazione. Nella lettera si ripercorrono i più noti delitti mafiosi di Palermo: dall'omicidio del segretario del Pci siciliano Pio La Torre, a Capaci e via D'Amelio. L'anonimo avverte i magistrati che "uomini delle Istituzioni", ma anche alcuni magistrati, li stanno sorvegliando, "canalizzano tutte le informazioni che riescono ad avere sul vostro conto". E spiega che questi dati sono contenuti "a Roma", in una "centrale". La lettera a Di Matteo si chiude con un frase in latino: "Impunitas semper ad deteriora invitat". Ovvero: l'impunità invita sempre a cose peggiori.