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La Chiesa non vuole pagare l'ImuBagnasco: "Così chiudiamo le scuole"

Il presidente della Cei sostiene che gli istituti paritari sono attività in passivo e non possono permettersi di pagare la tassa

Nicoletta Orlandi Posti
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Anche la Chiesa deve pagare l'Imu. Il governo ha blindato nell'emendamento al decreto sui costi della politica le norme per il pagamento della tassa sugli immobili adibiti a ad attività commerciali del Vaticano e degli enti non profit. Le scuole paritarie sono esentate dal pagamento dell'Imu solo nel caso la loro retta sia gratuita, oppure   "dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico tali da coprire solo una frazione del costo effettivo del servizio", c'è scritto sul decreto del ministro dell'Economia sull'Imu, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale. Tutto ciò, ovviamente non piace alla Chiesa. "Sarebbe molto grave se dovessero chiudere", ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, interpellato riguardo alle scuole cattoliche che hanno dichiarato di non essere in grado di pagare l'Imu, in quanto si tratta di attività già in passivo e che rappresentano però un servizio che sgrava lo Stato da oneri rilevanti. Per Bagnasco, "c'è preoccupazione soprattutto per la mancanza di contributi". A questo proposito, il presidente della Cei (intervenuto in apertura del Forum per il Progetto Culturale) ha segnalato come urgente un passo a favore degli Istituti con aiuti che "lo Stato sarebbe giusto riconoscesse non tanto agli istituti scolastici, quanto alle famiglie, che hanno diritto a scegliere per i propri figli l'istruzione che ritengono più idonea". "Data la mancanza di questo contributo alle famiglie - ha proseguito - le scuole cattoliche si trovano in grandissima difficoltà. Sarebbe molto grave se dovessero chiudere, sia per i genitori, sia per l'intero sistema scolastico". Preoccupati i vescovi - Si sono detti preoccupati anche i vescovi del Piemonte e Valle d'Aosta: le norme relative al pagamento dell'Imu, caffermano in una nota, "colpiscono ingiustamente la scuola paritaria che svolge un servizio pubblico di primaria importanza e garantisce in molti paesi alle famiglie e bambini nella scuola dell'infanzia un servizio spesso unico e comunque indispensabile". "Va detto con chiarezza - si dice nella nota della Conferenza Episcopale di Piemonte e Valle d'Aosta - che queste scuole non ricavano alcun profitto finanziario, ma al contrario debbono essere sostenute oltre che dalle rette delle famiglie e dai sempre più ridotti contributi statali e regionali, anche dalle parrocchie o dagli Istituti religiosi che integrano un deficit che raggiunge cifre di anno in anno più elevate, dati i costi del personale e della gestione".  Per i vescovi del Piemonte e della Valle d'Aosta, chiedere, dunque, a queste scuole "di svolgere un servizio gratuito pena il pagamento dell'Imu o anche solo un contributo simbolico appare paradossale oltre che ingiusto. A questo punto - rilevano - diventerebbe inevitabile la chiusura che comporterebbe per lo Stato l'obbligo di finanziare solo in Piemonte un servizio scolastico per 60.000 alunni con le loro famiglie e migliaia di docenti e personale, in aggiunta alla scuola statale, che avrebbe costi molto elevati". "In tutta Italia - prosegue la dichiarazione - si tratterebbe di 750.000 alunni con alle spalle le famiglie e decine di migliaia di docenti e personale per un costo quantificato di 5 miliardi di euro".

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