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Gli affari dei comunisti e del Pdcoi proprietari dell'Ilva

Agli atti le mail del patron al segretario del Pd: "Ci conosciamo da anni..."

Lucia Esposito
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Roberta Catania Anche il sindaco, un prete e un poliziotto sono indagati nella vicenda che lunedì scorso  ha messo in ginocchio la più grande acciaieria d'Europa, l'Ilva di Taranto. Il primo cittadino vendoliano, Ippazio Stefano, il segretario dell'ex arcivescovo di Taranto, don Marco Gerardo, e un ispettore in servizio alla Digos, Cataldo De Michele, sono finiti nella maxi inchiesta in cui i pm indagano  dall'associazione a delinquere (finalizzata al disastro ambientale aggravato, all'omissione dolosa di cautele) alla concussione e corruzione.  Dalle carte, dopo le presunte pressioni di Nichi Vendola per «nascondere i dati negativi sulla pericolosità ambientale dell'Ilva», scrive il gip e smentisce il governatore, spunta la richiesta d'aiuto del patron Riva a Pier Luigi Bersani. Lo racconta il senatore Pd Roberto Della Seta, che cita una email spedita al segretario del Partito democratico dal vertice del gruppo. Una lettera in cui si chiede un intervento  sulla scia di «anni di reciproca conoscenza». Soprattutto il 2006, anno in cui il gruppo Riva finanziò la campagna elettorale di Bersani con 98mila euro, come ricorda Dagospia. Delle sette ordinanze di arresto scattate lunedì mattina, una è ancora incompiuta. Fabio Riva, vice presidente di Riva Fire, è tuttora irreperibile, si dice sia in America e non si hanno notizie se voglia rientrare in Italia e costituirsi. Intanto spuntano nuovi indagati. Oltre  al direttore dell'Ilva di Taranto Adolfo Buffo e al presidente, Bruno Ferrante, ci sono il sindaco di Sel, il prete e il poliziotto.  La vicenda del primo cittadina è legata a una denuncia presentata dal consigliere comunale Pdl Filippo Condemi, che ha accusato il sindaco di non aver approntato le dovute azioni di garanzia a tutela della salute pubblica. Più seria la vicenda di don Marco Gerardo, il segretario particolare dell'ex arcivescovo di Taranto Benigno Papa, accusato di false dichiarazioni ai pm. Il suo caso è collegato alla presunta mazzetta di diecimila euro che ha portato in carcere Girolamo Archinà, ex dirigente delle relazioni istituzionali dell'Ilva. Il 26 marzo 2010 Archinà avrebbe consegnato i soldi a Lorenzo Liberti, ex rettore del Politecnico di Taranto ed ex consulente d'ufficio della Procura proprio nelle inchieste sull'inquinamento, anche lui finito in manette l'altro ieri e portato ai domiciliari. I diecimila euro erano stati messi in una busta, consegnata a Liberti in una stazione di servizio dell'autostrada nei pressi di Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari. Lo scambio venne ripreso da una telecamera del sistema di videosorveglianza a circuito chiuso posizionata nella stazione di servizio, ma non è chiaro cosa contenesse la busta. Secondo la contabilità dell'Ilva si tratterebbe di una donazione dell'azienda alla Chiesa. L'ipotesi di reato contestata a don Marco Gerardo riguarda proprio le sue dichiarazioni agli inquirenti in relazione a quella presunta donazione. La questione che ha messo nei guai il poliziotto della Digos di Taranto, infine, si basa su una presunta rivelazione di segreti d'ufficio. Oggi pomeriggio, nel carcere di Taranto, ci saranno gli interrogatori di garanzia dell'ex direttore dello stabilimento Ilva di Taranto, Luigi Capogrosso, e di Archinà. I loro legali hanno già presentato ricorso al Tribunale del Riesame per far annullare il provvedimento restrittivo.

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