Rapimento Spinelli, leggi i verbali:"Picchiati a sangue, paura di morire"
La moglie: "Abbiamo pregato col rosario". Il bandito li calmava: "State tranquilli, abbiamo una mamma anche noi"
Riportiamo ampi stralci dell'ordinanza d'arresto emessa dal Tribunale di Milano nei confronti della banda che ha sequestrato Spinelli. Deposizione di Anna Rasconi in Spinelli, moglie di Giuseppe: «Devo premettere che quel pomeriggio (15 ottobre, ndr), dopo la telefonata di abitudine con mio marito, ho ricevuto sull'utenza fissa di casa due telefonate che mi hanno insospettito, non ricordo precisamente Il loro contenuto al momento, ma mi sembra di ricordare che in una di esse l'interlocutore avesse fatto finta di sbagliare numero e infatti ha detto un cognome che non era il mio. Dopo la prima telefonata mi sono un po' agitata e allora ho provveduto a tirare giù le tapparelle, che sono sotto allarme. Prima che disinserissi l'allarme, cosa che ho fatto in concomitanza con l'orario in cui è rientrato mio marito, ho ricevuto una seconda telefonata come se stessero controllando il mio appartamento». La signora Spinelli spiega le ragioni per le quali quelle telefonate l'hanno allarmata. «Ci sono stati due episodi: il giorno 30 settembre, cosi come risulta dal filmato che ho sul mio cellulare, ripreso dalla videocamera di sorveglianza si vede un uomo che è sul nostro pianerottolo, esce dall'ascensore ed è sceso. Il secondo episodio è del 2 ottobre 2012, dove si può notare che la telecamera è stata spostata verso l'alto, verso la luce» L'irruzione - «Ho aperto la porta e improvvisamente ho visto una persona che di corsa scendeva le scale che portano al vano ascensore del piano di sopra, mentre un'altra persona è sbucata dal secondo ingresso. Hanno afferrato mio marito, entrambi erano armati e travisati con due passamontagna, e hanno spinto mio marito dentro casa. Ovviamente mi sono molto spaventata e ho urlato. Vedevo mio marito che perdeva sangue dalla bocca a causa dell'aggressione e gli occhiali di mio marito rotti a terra. In quel momento ho pensato che ci avrebbero ammazzato. Subito però i due ci hanno detto di stare tranquilli, che non ci avrebbero fatto niente e ci hanno anche detto di stare seduti sul divano, e noi cosi abbiamo fatto. Ci hanno anche detto che doveva venire un'altra persona importante che ci avrebbe detto cosa fare». Vedendo la donna sotto choc, uno dei sequestratori ha tentato di rassicurarla dicendole: «Stia tranquilla signora, anch'io ho una mamma». Prosegue il racconto: «Ricordo anche che uno dei due ha pronunciato più o meno la seguente frase: “È un mondo di merda e queste cose non andrebbero fatte”». Il rosario - «Ad un certo punto mentre eravamo obbligati a stare seduti sul divano della sala, io ho tirato fuori un rosario che avevo a portata di mano, aggiungo che ne ho un po' sparsi per la casa, e io e mio marito abbiamo cominciato a pregare. Uno dei due aggressori, quello più gentile, mi ha detto: “Anch'io sono credente”». «Ricordo in particolare che mentre eravamo a letto quel ragazzo che identifico come la persona più gentile addirittura ha coperto me e mio marito con una coperta». Per convincere Spinelli a chiamare Berlusconi, i sequestratori gli dicono che il documento nelle loro mani «serviva al presidente Berlusconi anche a livello mondiale. Questo documento sarebbe servito al presidente Berlusconi perché era stato danneggiato e che gli avrebbe fatto molto piacere». Le registrazioni - Parla Giuseppe Spinelli. «Il bandito mi ha detto che c'erano sette ore e 41 minuti di registrazioni di cose che avrebbero danneggiato De Benedetti in relazione al Lodo Mondadori». Spinelli spiega al capobanda che bisognerà aspettare almeno le 8 del mattino: «Se io telefono a quest'ora non me lo passano neanche». E ancora: «Mi ha fatto vedere (il sequestratore, ndr) un foglio A4, un po' ingiallito e sgualcito, si vedeva che era stato piegato, e su questo foglio c'era scritto quanto segue: in alto Lodo Mondadori, De Benedetti, l'indicazione di due avvocati di cui una donna, i nominativi dei magistrati di primo grado il dottor Forno, questo nome me lo ricordo bene, secondo grado c'era il nome di un presidente e di un giudice a latere, ma non ricordo i nomi dei magistrati indicati, una cena di Fini con magistrati e i nominativi per quello che ricordo erano gli stessi indicati nel primo e secondo grado. Il nome che ricordo sicuramente e quello di Forno». «Per quanto riguarda quello che c'era scritto rispetto alla cena di Fini con alcuni magistrati e avvocati i cui nominativi erano riportati in questo appunto, a voce poi il terzo uomo (Leone, ndr) mi ha detto che nel corso di questa cena Fini avrebbe parlato ai magistrati pregandoli di aiutarlo a mettere in difficoltà Berlusconi e che per questo gli sarebbe stato grato tutta la vita». Il ricatto - «Ho detto al presidente Berlusconi che la sera precedente, tardi, avevo avuto un appuntamento in un luogo non meglio precisato, dove io in quel momento mi trovavo, che mi era stato fatto vedere un pezzo di un filmato che io garantivo come autentico, dove si dava atto di un incontro tra Fini e i magistrati che si sono occupati della causa civile inerente il Lodo Mondadori. Ribadisco che ho detto a Berlusconi che il filmato che avevo visto era autentico e che le persone che avevano questo filmato erano disposte a cederlo soltanto con una grossa somma di denaro, che era l'equivalente del 6% di 560 milioni di euro, che a dire degli aggressori era l'importo che la Fininvest era stata condannata a pagare, quindi la cifra era di 35 milioni di euro». La telefonata - «Io mi spesi molto col Cavalier Berlusconi, dicendo che si doveva fidare di me, che quello che avevo visto era valido e che conveniva pagare per ottenere questo filmato. Berlusconi disse che a questo punto non sarebbe partito per Roma, cosa prevista proprio per la mattina del martedì, che mi avrebbe aspettato ad Arcore con il filmato. Naturalmente gli aggressori, che sentivano quello che diceva Berlusconi, mi facevano cenno con la mano di no e cercai ancora dì convincere il Cavaliere che conveniva pagare per ottenere questo filmato. Evidentemente Berlusconi, che mi conosce da una vita e sa che io non mi permetto mai di insistere più di tanto, ha avuto qualche perplessità, tant'è che disse: “Le faccio telefonare dall'avvocato Ghedini”». Spinelli poi descrive l'abbigliamento di Leone: «Faccio presente, ora che me lo ricordo, che il terzo aggressore, il cosiddetto capo, indossava delle scarpe da ginnastica di colore rosso con le stringhe nere». «Vediamoci ad arcore» - Ghedini a Spinelli: «Guardi, possiamo anche parlarne, possiamo anche decidere di pagare, però lei deve venire ad Arcore e portare copie dei documenti». Il geometra: «In questo momento avevo paura che portassero via mia moglie in quanto i sequestratori più volte nel corso della nottata mi avevano detto che se andavo di persona dal presidente Berlusconi avrebbero portato via mia moglie. I sequestratori ben sapevano che io sono molto legato a mia moglie e che quindi non avrei fatto nulla che mettesse a repentaglio la sua vita e la sua salute, perché, lo ripeto, mia moglie era terrorizzata anche forse più di me». E ancora: «Io dissi anche a Ghedini, insistendo, che forse si poteva pagare qualche cosa subito a queste persone e Ghedini mi rispose che se la vicenda era quella che si era prospettata tutto si sarebbe svolto alla luce del sole, stipulando un acquisto di questo materiale avverso un corrispettivo da concordare, ovviamente tutto ciò dopo aver verificato l'autenticità dei filmati (…) Ovviamente tutte le conversazioni erano sentite dai sequestratori, che presero male l'affermazione di Ghedini, io per tenerli buoni dissi che anche loro potevano essere stati vittime di un raggiro. Loro dissero che il filmato era autentico».